sabato 23 marzo 2013
Nella lunga tavola di un ristorante sulla collina del paese di Olmo, era vicino a me monsignor Protase, vescovo di Kigoma. Ordinato sacerdote da Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita in Tanzania, risiede da qualche tempo a Roma in qualità di Segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, ma il suo cuore è rimasto tra i poveri del suo Paese. Nel 1994 aveva fondato un centro per alleviare la miseria e promuovere la condizione sociale dei bambini di strada della sua diocesi, che ora sta passando un periodo di grandi difficoltà economiche. Gli alunni accolti dal Centro vanno dai 5 ai 17 anni e sono al momento 220. Un grande numero che aumenta con altri 90 ragazzi che si presentano solo nell'ora dei pasti. Le famiglie non hanno possibilità di mantenere i propri figli, né tanto meno di comperare i libri per farli studiare. Allora anche i più piccoli non hanno altra alternativa che andare a rubare, fare uso di droga e entrare nel mondo della delinquenza. Il Centro chiede aiuto per riuscire a dare a questi giovani una istruzione professionale, unica via per toglierli dalla strada e per dare loro una vita dignitosa. Faceva quasi male mangiare al ristorante mentre la voce del vescovo raccontava la vita del suo Paese: le donne che devono camminare fino a sei ore per procurarsi la legna per cucinare per cinque giorni; le famiglie, nella regione di Kigoma, che hanno un reddito annuale inferiore a 113 euro; il 50% della popolazione tanzaniana ha meno di quindici anni e la media della vita è di 46 anni, mentre in Italia ne ha 30 di più e un cittadino americano consuma quanto 179 tanzaniani. «Chicchi di mais in Tanzania» è un gruppo che in Italia, in particolare a Olmo, si occupa di raccogliere aiuti per questi nostri fratelli africani. Quando ci lamentiamo delle difficoltà, che la crisi economica di questo tempo ci obbliga ad affrontare, dovremmo allungare lo sguardo a questi Paesi tanto vicini a noi dove le condizioni di vita non hanno paragone col nostro modo di vivere. Per secoli abbiamo costruito in nostra difesa mura invisibili fatte di egoismo e di paura di perdere ciò che era nostro. Ora che le nostre stesse invenzioni del mondo della tecnica ci offrono il film della cruda realtà di tanti popoli cui è negata la possibilità di crescere in capacità e in conoscenza non abbiamo più scuse per dimenticarci di loro. Monsignor Protase ringrazia chi ha già dato e dice che anche l'offerta di 50 centesimi di euro al giorno può aiutare alcuni bambini ad avere qualche speranza in più per il loro futuro.
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