Nell'hospice l'ematoma diventa tatuaggio
giovedì 27 febbraio 2020
Il mare, il sole, una casetta che si arrampicava per tre piani fatta di stanze solinghe, all'interno di un piccolo castello ristrutturato proprio affacciato sul mare. Lì ho conosciuto Laura, una ventina di anni fa. Gli anni della giovinezza e della spensieratezza, gli anni del "cosa farò da grande?", delle discussioni politiche ed idealistiche. Gli anni delle cene condite con risate genuine, incontri casuali, film e letture da mordere insieme come primizie. Poi la vita va avanti, corre come un treno ed il pezzetto di esistenza vissuta insieme diventa sempre più piccolo e lontano. Ne rimane però nel cuore l'intensa essenza, quella che un bel giorno fa prendere il telefono in mano e chiamare. Non importa chi tu sia diventato nel frattempo o dove tu sia. Si chiama. "Ciao Marco, sono Laura. Non sto bene, mi piacerebbe vederti per un saluto". La bella sorpresa della chiamata di Laura si trasforma, in un nanosecondo, in qualcosa che non avrei mai voluto sentir dire: ospedale, malattia. Leggo e rileggo i messaggi di Laura, trasudano di consapevolezza, amore per la vita, profondità. E qui arriva il sintomo di felicità, nell'hospice dove ieri l'ho incontrata. Un abbraccio pieno di tutto. In un momento mi sono sentito come forse si sente un cellulare quando lo metti in carica. Esausto io, pieno di vita lei. In uno sguardo gli ultimi anni non raccontati delle nostre vite. Ma non importa, ritrovarsi nella stessa occhiata di amichevole complicità basta e avanza. La camera papavero dell'hospice diventa in un attimo un soffio di leggerezza. Io, che mi sento inutile e inadeguato. Laura, davanti a me, con gli occhi sereni e furbi come sempre. «Ti piace il mio tatuaggio tribale?», mi chiede beffarda indicando un enorme ematoma al braccio destro, causa di flebo immagino. Laura mi ricorda Benigni ne "La vita è bella", quando trasforma in un gioco immaginario – per il figlio piccolo – il duro monologo del militare tedesco nel lager. Laura quarantanove anni, un sintomo di felicità nella mia disperazione di egoista essere umano.
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