Nell'armonioso oratorio di Gaffi trionfa «La forza del divino amore»
domenica 10 gennaio 2010
Armato di una matita tagliente come una lama e di un'arguta vena umoristica, il pittore Pier Leone Ghezzi ci ha regalato alcune tra le più brillanti caricature dei maggiori protagonisti della musica italiana settecentesca, come il grottesco profilo di Vivaldi ormai passato alla storia. Il suo disegno dedicato a Tommaso Bernardo Gaffi (1667-1744) risulta addirittura l'unica immagine del compositore romano a noi giunta e le poche parole apposte in calce dallo stesso Ghezzi ce ne restituiscono un breve e scanzonato ritratto artistico-biografico: «Il signor Bernardo Gaffi, allievo del signor Bernardo Pasquini, bravissimo sonator di cembalo et anche un uomo assai timorato di Dio, et un santarello».
Organista, clavicembalista e compositore conteso nei salotti dell'alta nobiltà porporata e secolare della città eterna, Gaffi fu attivo presso le più importanti istituzioni religiose romane dell'epoca " da Santa Maria Maggiore alla Chiesa del Gesù ", ma di lui oggi ben poco si riesce a rintracciare su testi e manuali. Più dell'ironia e dell'oblio può però la sua musica, tutta da riscoprire e da ascoltare, come ci invita a fare la prima registrazione assoluta " realizzata dall'ensemble Pian & Forte diretto da Antonio Frigé " dell'oratorio La forza del divino amore, scritto nel 1690 e incentrato su un episodio della vita di santa Teresa d'Avila (qui interpretata dal soprano Marivì Blasco), che insieme con l'amato fratello Rodrigo (il basso Sergio Foresti) viene invitata dall'Amor Divino (il soprano Leona Peleskova) a partire in missione per l'Africa (cd pubblicato nel 2004 dall'etichetta inglese Chandos e ora nuovamente distribuito da Sound and Music).
Forgiata sul modello formale della cantata da camera italiana, con la sua caratteristica alternanza tra arie e recitativi, la partitura si declina tra il piglio "guerresco" della sezione iniziale, con una vera e propria "chiamata alle armi" al servizio del Signore, e il clima maggiormente meditativo e contemplativo della seconda parte, dove Gaffi incastona alcune perle di rara bellezza " come gli incantevoli duetti "O quanto soavi" e "Van piacer" " e dispensa il meglio di una sapiente scrittura perfettamente plasmata sugli artifici retorici del più raffinato stile musicale barocco.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: