sabato 13 settembre 2014
Borgo Valsugana nel tempo. Nella casa di montagna dei miei nonni c'è un'antica foto, tenuta quasi nascosta in un corridoio, quasi ci dovesse vergognare di esporla. È la distruzione del paese dopo l'incendio del 6 luglio 1862. La scritta che testimonia il terribile evento che non aveva lasciato indenne nessuna abitazione dice quasi in poesia: «Sulle fumanti ancor tetre ruine pronta distende e generosa il manto, prima di tutte le virtù divine, la Carità che ai mesti asciuga il pianto».Qualcuno poi, per mitigare la visione a chi le passava accanto, appese la visuale di un paese ricostruito mettendo in luce lo sfondo delle montagne, dove ancor vive un castello che ad ogni tramonto disegna con la sua torre e le mura l'orizzonte. L'ampia sala, costruita da un nonno a me sconosciuto ad uso di stalla, ma che le avventure della prima guerra avevano mutato in abitazione delle nostre famiglie, conserva tra le mura le impronte e i ricordi di coloro che l'hanno vissuta per anni, come per pochi giorni di vacanza. Chi vi ha lasciato una cantina nascosta in una vecchia trincea, chi ha coperto un'immensa soffitta con tegole di legno, chi ha dipinto di verde gli scuri e chi ha decorato il tetto di un terrazzino con una greca bianca.Gli anni hanno visto mutare l'interno delle stanze a seconda del numero dei bambini che crescevano, e c'era sempre posto per una culla nuova e chi era contento di cantare l'ultima ninna nanna e raccogliere il gomitolo di lana della nonna che faceva il golfino per il nuovo nato. Sembra il racconto di una vecchia favola. Dimentichiamo invece che i giovanI hanno bisogno, di fronte alla durezza della vita, di toccare con mano la realtà di questa visione di tenerezza e di condivisione di gioie e di pene. Quanto è più duro il loro dolore solitario, frutto nascosto di una libertà cercata con affanno!In un angolo della sala piena di luce ci sono gli ultimi libri che facevano parte della più vecchia libreria di mio padre. Ormai sono poche centinaia, che a giorni dovrò mettere nelle scatole di cartone da consegnare alla biblioteca di Borgo, dove si è deciso di lasciarli assieme a tutti gli altri che tenevo nella mia casa di Roma. Ora, prendendoli in mano uno ad uno, dò loro un'ultima carezza d'addio; essi hanno fatto parte per molti anni della mia vita.Lacrime mi scendono anche quando so che è giusta la decisione di lasciare l'eredità di un cammino spirituale, politico e letterario vissuto da un uomo che diede a noi figli la sua calda paternità, ma fu fratello e padre di un pubblico più vasto. Nella biblioteca della casa ho tenuto solo tre volumi del Bresaola che egli consultava quando rientrava dai suoi amati boschi con i funghi che soddisfatto portava alla nostra tavola. Allora la politica era lontana e nostro padre era solo per noi.
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