sabato 10 ottobre 2020
«Ho fatto dei miei sogni la mia vita è il mio lavoro...»: i sogni, la vita e il lavoro di Carlo Urbani, il medico marchigiano che scoprì la Sars e la sconfisse rimanendone tuttavia vittima nel 2003 in Thailandia, diventa museo. Un progetto rinvigorito dall'attuale pandemia, per combattere la quale il "protocollo Urbani" adottato dall'Oms in tutte le successive pandemie, si è rivelato decisivo. Tanto da far candidare la data della morte di Urbani – il 29 marzo – come Giornata nazionale dei camici bianchi. La vita del premio Nobel (con Msf) nato a Castelplanio (An) è diventata modello per tanti ragazzi, che grazie ai progetti attivati nelle scuole da un circuito di docenti illuminati, hanno cambiato stile di vita: chi scegliendo Medicina, chi facendo volontariato. Quanti salgono nel paesino della Vallesina alla ricerca di qualcosa che parli di lui sinora sono rimasti delusi. Di qui l'accordo fra Comune, Regione e Associazione Carlo Urbani (Aicu) per realizzare il museo, nello stesso edificio – una vecchia scuola – della sede Aicu. Sarà un percorso multimediale fra gli oggetti personali del medico, i testi che rappresentano la sua eredità scientifica e morale, le foto da lui scattate nelle sue tante missioni. Fino a quella, fatale, in Vietnam. Tutto questo perché oggi più che mai è indispensabile non solo ricordare Carlo ma camminare insieme a lui.
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