mercoledì 12 gennaio 2022
Giovanni Battista Maccagno se n'è andato a 98 anni, cugino di secondo grado, professione contadino. Lo ricordo quando tornava dai campi e si lavava con l'aceto per togliersi di dosso le impurità. Era l'esempio di quella civiltà contadina al tramonto che resisteva con un'azienda autarchica, a ciclo completo, impostata sul ricevere e dare, esempio virtuoso di quello che oggi sarebbe un modello di economia circolare. Coltivava i campi di grano, aveva una vigna e l'orto; ai suoi conigli dava l'erba medica e col fieno ricoverato in cascina foraggiava i suoi bovini. Durante l'omelia don Carlo, parroco di Abbazia e di Masio, in provincia di Alessandria ma in diocesi di Asti, ha ricordato che talvolta lui veniva a messa col suo trattore verde. Non ha mai guidato l'auto: bicicletta o trattore, i soli mezzi che conosceva per muoversi nel raggio di pochi chilometri, anche per raggiungere il Signore, fosse la messa della domenica o un matrimonio. Don Carlo, prete di campagna, è un curato, nell'accezione di quel termine desueto che significa aver cura dell'altro, soprattutto della sua anima. Lo andava a trovare, quando la malattia impediva ormai qualsiasi movimento e alla fine gli chiedeva di salutarlo con un sorriso, che era la cifra del Battista: la letizia, vissuta con la moglie Lena (Maddelena). Mi ha fatto riflettere questo personaggio d'altri tempi che era certo di dare e di ricevere: nella terra, nella vita, nel rapporto col Signore. Ma anche il ruolo del curato ha qualcosa di eroico a ben pensarci: un po' psicologo e un po' amico, con una dimensione del tempo senza calcoli, perché anche l'ultimo con l'esile filo di voce è ciò per cui ha scelto di dare la vita: il Signore. Non so se Massimo, quel ragazzo che conobbi 40 anni fa ad Alessandria, frequentava ancora i sacerdoti. Cattolico era cattolico, anche praticante, ma l'idea che il vaccino fosse un male è stata più forte di qualsiasi giudizio: ed è morto di Covid, da solo, in ospedale, dopo aver messo in pericolo la vita sua e quella dei famigliari. Ma può un'idea, una teoria che evidentemente cozza con i dati che emergono dalla realtà che è sotto gli occhi, prevalere sulla vita stessa, fino ad annientarla? E per cosa? Il mio appello allora è perché nella vita non sparisca mai il giudizio. O quello che nella Chiesa si chiama correzione fraterna, che devono esercitare i curati, gli amici, i famigliari, anche a rischio di urtare il carattere di qualcuno che s'è fatto un'idea. Dare e ricevere, la lezione del Battista, è ben diverso da ignorare e registrare... l'epilogo tragico di certi eventi.
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