martedì 26 settembre 2017
Se decidessero i social, il famigerato appuntamento con il panettone sarebbe già soppiantato, che so, dalla vendemmia, dalle castagne, nei casi più delicati dai tartufi. Già: è appena scaduta la sesta giornata e c'è chi invoca il rito del defenestramento del tecnico. Ad esempio – potenza del web – Montella sembra rischiare più di Baroni del Benevento, tanto lì sapevano già che la vita sarebbe stata durissima, mentre Fassone che fa smorfie amarissime sa che il Milan è costato almeno venti Benevento e prima o poi i cinesi gliene chiederanno conto. Pericolanti anche Pecchia del Verona e Bucchi del Sassuolo, dei quali si dirà che, poverini, sono inesperti e paradossalmente i novizi se la cavano meglio nei grandi club dove hanno le spalle coperte, vedi Sarri al Napoli e Simone Inzaghi alla Lazio, entrambi “inventati” da due presidenti molto originali che s'interrogano sul loro posto in classifica. Come l'Udinese, che sta andando malissimo nonostante la ricca esperienza di Del Neri. Ce n'è per tutti, anche per Mihajlovic per la rovinosa caduta del Toro nel derby: lui potrà anche puntare all'Europa ma intanto per i granata la Juve è sulla luna; il serbo ha tentato di fare del populismo – che va tanto di moda – col Toro operaio e la Juve padrona, gli è andata male, si è solo risparmiato la contraccusa di avere in squadra un giocatore da cento milioni, perché in realtà il Belotti attuale, con tre golletti soltanto, è stato ampiamente ridimensionato. Speriamo che Ventura lo rilanci adeguatamente in azzurro.
Nel frattempo Diego Maradona invece di gioire dei successi napoletani si complimenta con Semplici che sabato contro Sarri secondo lui ha fatto vedere un'ottima Spal. Il che mi conferma la scarsa attitudine di Diego a far l'allenatore, meglio il tribuno: vorrei infatti ricordare a Semplici che un due a due è già un miracolo e difendere il pareggio un obbligo, quando dall'altra parte c'è il Napoli. Ed è pernicioso dare ascolto alle sirene che ti cantano «bravo», quando perdi. Guardi cosa fa Spalletti: la prima cosa che ha insegnato ai suoi, ancora alla ricerca di una condizione tecnica onorevole, è stato l'orgoglio di essere interisti, l'onestà di lavorare duro per risalire la china e il classico “non mollare mai” che usa soprattutto in provincia. Li avete visti, sembravano davvero provinciali, Icardi a fare il gregario di tutti, Candreva il faticatore, Éder il combattente e D'Ambrosio come ha disperatamente cercato quella palla gol: Perin l'ha vista entrare, non poteva farci niente, e s'è lasciato cadere sconsolato, forse dicendo «ma chi li ferma, questi?». Mi sbaglierò, ma è l'interrogativo più appassionante. Gli altri, lassù in cima, ahiloro hanno la Champions…
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