giovedì 29 marzo 2018
Modernità, quindi religione “zero titoli”? No! Anche troppi e spesso senza senso. 25/3, uno grosso e sicuro di sé: «Sorpresa: Dio non è morto... è vivo e in forma. Persino la politica riscopre il sacro»! Forse perciò (“Repubblica”, 24/2, p. 31: «La Chiesa e il dilemma di Papa Francesco» – firma laicissima esortava a «un ruolo più “mite” della figura papale» che – bontà sua! – non «nuocerebbe alla rilevanza della Chiesa», e potrebbe «ricondurla, magari a ranghi ridotti, alla sua positiva funzione pastorale». Davvero buono il «ri-conduttore», ma quel «ranghi ridotti» fa pensare un po' male. E il 26/3 piovono titoli: «Europa al capolinea post-cristiano» (“Foglio”) e addirittura «I due papi agli angoli della Teologia» (“Il Fatto”). Poi (“Messaggero”, 24/3, p. 15) leggi Rémi Brague che avverte: «La religione è in crisi, ma non è morta», e «la secolarizzazione è un danno per tutti». Ancora in tema (“Mattino”, 25/3, p. 25, «Scherzo sulle religioni senza deridere i fedeli») si parla del film «Io c'è!», titolo quasi versione allegra del cogito cartesiano. Idea! Se ci metti una “D” iniziale cambia tutto e ti si apre un contesto diverso, non solo perché tu ovviamente puoi ricordare che per tanti “Dio c'è”, ma anche che quel «Dio non lo ha visto mai nessuno» (Gv. 1, 18 e IGv. 4, 12), e che non solo si è rivelato e donato in un certo Gesù, bensì è ancora presente ove noi creature umane «ci amiamo tra noi». Roba sorpassata? Tutt'altro, se stesso giorno sul solenne “Sole 24Ore” domenicale (p. 1 e interno ampio) leggi «Quel che la Pasqua di Gesù ci dice dell'amore», ove Bruno Forte parla dell'ultima parola, «eis tèlos», quella davvero finale dell'annuncio di un amore pienamente rivelato e donato che dà «ultimo senso» a tutto senza minacciare i sensi «penultimi» per nessuna ricerca, per nessuna ragionevole libertà. Una Parola che pur crocifissa risorge: per amore...
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