martedì 18 agosto 2020
Guardo fuori dai vetri questo pomeriggio liquido che si è lasciato indietro Ferragosto come una promessa mancata.
Non è tanto per il traffico scarso. E neanche per il silenzio. Perché Milano quando vuole sa parlare a bassa voce, persino quando urla. Ma l'estate deserta qui è sempre fuori posto. Un progetto venuto male. Guardi il pavé che riverbera un bagnato immaginario, e i palazzi che cercano fiato. Milano è fatta per la gente, il vuoto le fa male. Mettono inquietudine queste città bollenti con rari reduci che si seppelliscono dietro le porte. Le strade sono abitate da coraggiosi che guardano vetrine per lo più ancora chiuse, però è gente non ancora rassegnata: ci prova, deve per forza. Invece gli anziani stanno a casa in una pozza d'ombra bollente, oppure all'ipermercato, o in qualche corsia d'ospedale. Ricompaiono alla sera, sui balconi. Canottiere bianche. Si fanno aria col giornale, innaffiano i gerani, chiamano il gatto per accarezzare qualcosa. Nel tempo che aspetta una stagione che termina, ogni cosa perde corpo e diventa solo quello che era, per ricordarci quello che saremo. Tenerezza infinita.
Non è triste, è vita vera. Pane duro, manuale di resistenza umana. Poi finisce tutto, nel senso che tutto continua. Arriverà il buio. Per ora dalla mia finestra, irrompe tra le nuvole un formidabile azzurro.
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