martedì 13 febbraio 2018
Forse ci siamo fatti un'idea sbagliata di Gattuso. O si è venduto male lui. Il Rino arrivato al Milan dopo un tortuoso viaggio europeo fra Svizzera (Sion), Palermo, Creta e Pisa non esibiva certo un curriculum allettante, anzi: più che altro sembrava il reduce da una singolare avventura che - panchina dopo panchina - cominciava con un atto di fede e finiva con un atto di dolore. Mi colpì l'ingaggio al Palermo, in B, nel 2013, deciso da uno Zamparini per certi versi inattendibile sul fronte allenatori (ne ha cambiati 45, a partire da Ferruccio Mazzola al Venezia, 29 solo a Palermo) tuttavia sicuramente competente; Novellino, Sonetti, Guidolin, Colantuono, Zenga, Delio Rossi, Pioli, Gasperini, Malesani, Cosmi, Ballardini, sono alcuni dei titolati predecessori di Rino, il quale - pur accompagnato da alate parole del “pres”, resistette sulla panchina rosanero solo sei giornate. Non eravamo mai riusciti - dobbiamo ammetterlo - a disgiungere l'immagine del Gattuso allenatore da quella del giocatore guerriero, rossonero e azzurro, all'apparenza più indicato a guidare l'Armata Brancaleone piuttosto che un Milan dalla tradizione signorile se non addirittura aristocratica. Cos'è successo, allora? Vien da dire - e credo di non sbagliare - che proprio la storia del Milan, il suo fascino mondiale incrementato da Berlusconi, abbia dato al popolare Rino una dimensione nuova, corretta, mentre lui portava a Milanello uno spirito nuovo, una ideologia insolita in certi ambienti altolocati: lavorare, lavorare, lavorare. Fino a soffrire. Fino alla vittoria e forse al successo. Mi ha fatto venire in mente un altro tecnico, certo di diversa e straordinaria levatura internazionale, Fabio Capello, che dai resti del Milan sacchiano costruí la squadra che conquistò quattro scudetti, quattro Supercoppe e una Coppa dei Campioni appena ribattezzata Champions. Quando vinse lo scudetto a Roma mi piacque definire Capello Cavaliere del Lavoro. E nel lavoro ci sta tutto, anche una forte personalità, una giusta competenza tattica e tanta psicologia per ricavare il meglio dai giocatori disponibili. Cosa sarà di Gattuso domani non è dato sapere, perché il Milan ha impacci e impicci particolari. Ma è certo che i tifosi del Milan ne sollecitano la riconferma proprio come gli amanti della canzone chiedono alla Rai di confermare per il 2019 Claudio Baglioni, il dittatore di Sanremo, l'ugola d'oro che ha trionfato non solo per i suoi decantati meriti canori ma perché ha rivoltato il Festival come un calzino. Cosí si fa. Lavorando.
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