giovedì 4 maggio 2017
La straordinaria eco mediatica delle ripetute dichiarazioni, in sedi istituzionali e in interviste a giornali e tv, del procuratore distrettuale di Catania si spiega certamente con la delicatezza e importanza dei temi sottesi (immigrazione, volontariato, solidarietà, Europa) e con la circostanza che essi sono ormai, da tempo, tra i principali clivages che strutturano l'opinione pubblica occidentale e la sua proiezione elettorale. Forse una tale costante attenzione trova spiegazione anche nell'estrema difficoltà del lettore o telespettatore di cogliere gli esatti elementi della vicenda.
Tutto nasce da un fenomeno non nuovo, la rimozione. Le proporzioni delle migrazioni, epocali, unitamente all'imprevedibilità degli sviluppi, hanno concorso a generare nelle opinioni pubbliche europee due atteggiamenti comprensibili, ma la cui compresenza ha contribuito a tale fenomeno: da una parte paura e diffidenza, non sempre fondate su dati razionali, dall'altra un sentimento di solidarietà, forte soprattutto in occasione di fatti tragici e incapace di tradursi in consapevolezza sulle politiche da privilegiare. L'esito di questi due atteggiamenti è la rimozione del problema. Da parte sua, la politica ha sofferto di tale rimozione e solo saltuariamente è apparsa in grado di prospettare un progetto organico migratorio, anche in ragione della circostanza - la cui deprecazione non sarà mai sufficientemente sottolineata - della perdurante assenza di una coerente politica europea.
In tale situazione il sasso lanciato dal procuratore distrettuale di Catania costituisce al tempo stesso un'occasione e un problema. Un'occasione, perché quella rimozione, cui ho accennato sopra, potrà essere superata ove l'attenzione di questi giorni si consolidi e pertanto realtà come ong, protezione umanitaria e convenzioni sul diritto del mare possano diventare più familiari e consentire quindi una più consapevole valutazione. Un problema, in quanto dalla magistratura, in particolare da quella requirente, i cittadini si attendono (nel rispetto delle esigenze di tutela del segreto investigativo) la spiegazione degli atti di indagine adottati e dei loro esiti, delle decisioni assunte, e anche, se del caso, delle richieste alle istituzioni di potere usufruire di maggiori strumenti di indagine. Sulle politiche migratorie, in particolare sulla distinzione tra rifugiati e migranti economici e sugli eventuali limiti a questi ultimi, credo che l'opinione pubblica attenda una parola e una volontà dal circuito politico, non dalla magistratura. Una società ad alta intensità comunicativa richiede a tutti gli attori l'adeguata conoscenza dei suoi meccanismi. Altrimenti il corto circuito tra insufficienze della politica e ruolo intrinsecamente problematico della magistratura difficilmente si potrà superare.
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