martedì 15 ottobre 2013
Profughi innumeri dalle loro patrie, per fuggire la fame per evitare le guerre che bagnano di sangue le loro terre o per la speranza di una vita da vivere meglio altrove, molte migliaia di uomini e di donne con fanciulli e bambine e madri che portavano in seno i piccoli non ancor nati hanno attraversato il Mediterraneo dall'Africa all'Italia. Possiamo immaginare quanto terribile fosse stata la loro vita in patria se, pur inesperti del nuoto, di note, si sono imbarcati su navi che chiamare navi è una frode, dove vengono stipati profughi il cui numero sembra inverosimile e corrono per il mare e sperano di vedere da lungi la Sicilia o meglio l'isola di Lampedusa. Vengono dalla Libia come i Romani chiamavano il Maghreb dall'Atlante ai confini dell'Egitto e vengono dall'Etiopia e dalla Somalia e dalla Siria. Dovunque popoli si ribellarono contro cattivi governanti una sorte peggiore ne è nata. Spesso nella mia vita ho sperato e sono stato quasi certo che le vicende umane sarebbero state presto migliori , quando la cortina di ferro è caduta, ma sembra quasi che un genio maligno trovi terra fertile quando comincia a fiorire la speranza. Sono fratelli e sorelle e figli nostri privi di tutto: e molte migliaia il mare ne ha inghiottito. Quando ascoltavo ieri parole disumane di qualche politico a torto eletto alla vita pubblica mi venivano in mente le parole umanissime di Nausicaa sul naufrago Ulissee mi chiedevo se la storia fosse ritornata indietro. E infatti abbiamo pianto forse trecento profughi che per paradosso sono morti per fuoco in mare. Ho visto piangere vecchi pescatori col viso cotto dal sole ed ho visto giovani marinai italiani piangere ed ho udito un medico dire: «Ho raccolto due bambini un maschio ed una femminuccia dal mare li ho abbracciati ed erano morti ed ho potuto solo chiudere loro gli occhi». Papa Francesco ha esclamato: «Vergogna!». Per chi? Per tutti noi, credo. Ciascuno di noi faccia il suo dovere perché sono fratelli. «Quando senti le campane che suonano dalla torre della Chiesa non chiederti per chi suonano: infatti suonano per te».
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