martedì 18 maggio 2010
"Corsera": domenica due belle pagine di Pierluigi Battista: «Intellettuali" meschinità private" ». Però talora qualche «meschinità» è anche pubblica. Se p. es. ("Tuttolibri" de "La Stampa", 15/5, p. IX) leggi che senza prova alcuna in un suo libro Gustavo Zagrebelsky onnipresente in pagina e Tv sentenzia inappellabile che «con Benedetto XVI la Chiesa tenta nuovamente di farsi religione di Stato» e «pretende di imporre a tutti il suo credo», tu ricordi che proprio il giorno prima a Fatima il Papa ha detto che «la Chiesa non impone mai la sua fede, ma la propone alla libertà di tutti» e pensi che qualche «meschinità», se «pubblicata», lo dice la parola stessa, si fa «pubblica». Vale anche per l'insistenza di Augias " "Repubblica" e altrove " nel presentare la regola della distribuzione dell'8 per mille come un marchingegno inventato malignamente a favore della Chiesa cattolica, mentre il fatto che la percentuale dei soli voti espressi assegni tutti i seggi è regola di ogni elezione democratica. Non solo, ma Augias tace di continuo il fatto che la regola vale anche per valdesi, ebrei, avventisti, pentecostali, battisti e luterani. Può essere che " cento volte avvertito del fatto " ignori questa realtà? Tutto è possibile, ma forse è solo pregiudizio alimentato e voluto, perciò «meschinità pubblica» che sfida ogni luce. Finito? No. Uno scampolo di «meschinità» domenica. Su "l'Unità" (p. 25) leggo Goffredo Fofi: «La Chiesa è forse la sola istituzione, qui, che nonostante tutto sembra preoccuparsi delle cose gravi e di fondo». Ma lì accanto (p. 24) presi in giro la Madonna e il Papa. Meschinità? No! Laicità a modo loro, alla cieca.
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