martedì 24 luglio 2018
Un autore all'apparenza ombroso dell'Antico Testamento, ma forse solo disincantato, Qoelet, inizia il poema finale della sua opera con queste parole: «Dolce è la luce e bello è per gli occhi vedere il sole» (11,7). L'ultimo dei suoi componimenti (11,7-12,8), forse sorprendendo chi lo legge, è dedicato alla positività e bellezza della vita che secondo lui va goduta, specialmente da parte dei giovani. La prospettiva della vecchiaia e della morte sono per lui uno stimolo e un incentivo a non perdere nessun lato positivo della vita in gioventù. Egli però si guarda bene dal rinunciare al suo ruolo di educatore incentivando all'edonismo, al godimento di quanto la vita offre senza regole fisiche o morali. Il materiale didattico di cui fa uso per avviare il suo discorso è quello che maggiormente affascina lo sguardo umano: la luce, come abbiamo ricordato nelle sue parole riportate sopra. Cosa meglio della luce può far risultare il creato appetibile e di conseguenza la vita godibile? Più avanti egli dice al suo giovane discepolo: «Ricordati del tuo creatore» (12,1). Memoria splendente di colui che ha creato è innanzitutto la luce. Senza di essa non si potrebbe ricordare che l'autore di tanta bellezza sarà anche il giudice della vita (11,9).
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