sabato 25 giugno 2016
La memoria è importante, in un mondo “liquido” ove tutto passa, ma talora avere memoria porta sconforto. Leggo ieri (“Osservatore”, p. 7): «Appello dei vescovi ai politici. È l'ora della pace in Sud Sudan». «L'ora della pace»: oggi, giugno 2016! Ecco la memoria. Estate 1955: ragazzino in vacanza, a Montagnana, nel Padovano, partecipo all'ordinazione del primo prete cattolico del Sud Sudan: don Ireneo Dud. Lo consacra il vescovo veneto monsignor Mason, missionario comboniano, e in quei giorni si imprimono nella mia mente le descrizioni della situazione del Paese, diviso tra Nord “ricco” e Sud povero in guerra senza tregua, fame, stragi e carestie, animismo e cristianesimo al Sud, islam e animismo al Nord, centinaia di migliaia di vittime, già allora. Notizie di violenza e rapimenti anche in quei giorni di permanenza, nella Canonica della cittadina con la cinta delle mura e il Duomo: veri monumenti di fede e civiltà… il vescovo Mason ordina don Dud, che poi sarà anche il primo vescovo originario del Sud Sudan. Ma la realtà in quel pezzo d'Africa alla metà del secolo scorso era dolorosamente questa, E allora torno al titolo de “L'Osservatore”. «È l'ora della pace per il Sud Sudan!». Vuol dire che da allora niente è cambiato? Spiace pensarlo, ma la memoria, questa memoria viva è pesante. Invocare la pace si può, si deve, ma anche resistere allo sconforto, e vincerlo. Dalla memoria, sempre, deve nascere una speranza. Scrivo mentre papa Francesco è in terra di Armenia. Anche lì “memoria” tremenda che oggi rimbalza su tutte le pagine: coraggio è farla presente, dovere indicarla alla preghiera, al perdono, a rinnovata occasione di fraternità. Anche se da ieri pare chiaro che qualcuno in Europa approva pensieri di “exit”, rottura e divisione? Anche, anzi ancora di più. La vera e buona «uscita» è dall'egoismo e dall'ingiustizia. Sempre e ovunque è «l'ora della pace»!
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