domenica 27 aprile 2008
Lupus personalissimo. Due giorni fa era il 25 aprile, e ieri sulla "Stampa" (p. 2) c'era un bel reportage di Pierangelo Sapegno con questo titolo, «Quelli che "oggi è un giorno come gli altri"», con dentro un'altra sentenza, «Solo un po' di festa»" Che dire? Che fa male leggere certe cose. Quel 25 aprile ero piccolissimo, ma so che un vecchio signore di nome Ubaldo, da me amatissimo come e più di un vero nonno, quel giorno aprì la finestra sulla strada e gridò in romanesco la sua gioia: «Roma! Te sei addormìta schiava, e te risvéji libbera!». È il caso di ricordarlo o no, e anche in festa? Fa male sapere che uomini importanti non abbiano condiviso la festa, non abbiano detto nulla per spiegarsi o si siano limitati a mugugni di malumore. Vale la pena di ricordare che chi non ricorda perché non vuole ricordare, non può mai ispirare fiducia. Lo "smemorato di Collegno" non è un buon esempio di statista, e un popolo che perde la memoria è un popolo morto. Anche un intero continente che nasconde le sue radici, magari sostenendo che non contano più, avrà fiato corto" Lo so che il discorso è complesso" È il caso di pensarci su, però, su quella liberazione "storica" di tanti " ma non troppi " anni orsono, poi magari strumentalizzata e distorta per ragioni anche non nobili" Fu liberazione da una "schiavitù" vera. E ogni liberazione vera, anche parziale, è degna di memoria e festa. Del resto "memoria" è termine anche religioso. Celebriamo o no, noi cristiani tutti, la "memoria" di una "liberazione" radicale, realizzazione in promessa e caparra di tutte le liberazioni vere da schiavitù e potere di morte, «nell'attesa della Sua venuta»?
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