venerdì 4 maggio 2018
«Chissà stanotte dove andrà a dormire Maurizio Schillaci?». Nella storia di cuoio è passato come il "cugino di Totò", Schillaci, l'occhio spiritato delle notti magiche di Italia '90. Anche Maurizio avrebbe potuto scrivere pagine mondiali, se solo avesse proseguito sulla scia delle splendide giornate di Licata, anno di grazia 1984. Sotto l'occhio vitreo e entusiasta del boemo Zeman, con i suoi gol e le giocate da trequartista di fino trascinò i siciliani a una storica promozione in B. Vennero giorni di gloria alla Lazio, contratto da mezzo miliardo di vecchie lire, ville di lusso e bolidi per sfrecciare per le vie della capitale. Dalla grande bellezza al crac, è un passaggio rapido. Ritorno alle origini, a Licata, ma ormai era la fine di una carriera che lo stava portando in "Fuorigioco" come il titolo docufilm in cui si racconta il secondo tempo della vita dell'"altro Schillaci". Maurizio, un uomo solo, senzatetto, costretto a elemosinare per le strade di una Palermo misera, triste e sotterranea. Ha rischiato di morire per droga, è finito in prigione. Il cugino Totò gli offrì un posto da allenatore nella sua scuola calcio. Ma i genitori non ne vollero sapere: «L'allenatore tossico no!», insorsero. È stata l'ultima chance per tornare in gioco, ma glie l'hanno negata. «Chissà dove dorme stanotte Maurizio Schillaci?».
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