mercoledì 6 novembre 2002
Gli uomini, se qualcuno fa a loro un brutto tiro, lo scrivono sul marmo; ma se qualcuno gli usa un favore, lo scrivono sulla sabbia.Parole sacrosante queste della Storia del re Riccardo III, opera minore di s. Tommaso Moro, canonizzato da Pio XI nel 1935 per la sua testimonianza di fedeltà alla Chiesa contro le pretese di Enrico VIII che, nonostante un servizio leale che gli aveva offerto nella qualità di lord cancelliere, lo fece decapitare nel 1535 a causa della sua "obiezione di coscienza" nei confronti della scelta del re di rinnegare l"autorità religiosa del Papa. Tommaso, perciò, bene conosceva questa legge della gratitudine umana. Il rancore perdura per anni e anni, inciso quasi nel marmo; il ricordo di un beneficio è rimosso dopo poco tempo, quasi con fastidio. Già lo stesso Gesù si troverà a sorprendersi di fronte al fatto che dei dieci lebbrosi guariti sia uno solo a ritornare per ringraziare e che per di più si tratti di uno straniero (Luca 17, 1-19).Infatti, più è forte il grado di parentela, di vicinanza o di amicizia, paradossalmente più marcata è la recriminazione per un"offesa vera o presunta e più spontaneo è l"oblio del bene ricevuto. Tommaso Moro usa l"immagine del marmo per la memoria di un male inflitto da altri; Shakespeare nel suo Re Lear adotta la stessa immagine proprio per la mancanza di riconoscenza, quando mette in bocca a questo sfortunato re, che di ingratitudine familiare ben s"intendeva, l"esclamazione: «Ingratitudine, demonio dal cuore di marmo, ancor più orrenda di quanto lo sia il mostro del mare!» (I, 4). Perciò, come ammonisce Paolo: «Siate riconoscenti!» (Colossesi 3, 15) sia verso Dio sia verso il prossimo.
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