martedì 26 gennaio 2016
Animato da un raffinato furore autodistruttivo, Roberto Mancini hachiuso la settimana degli sberleffi napoletani vittima di unirriverente Lasagna (per favore, senza apostrofo) e dell'umor piccante marchigiano riveduto (e scorretto) prima nella peccaminosa Bologna eppoi nella Genova dei mugugni. In fondo, attaccando i suoi uomini, ridicolizzando i suoi bomber inesplosi incapaci di castigare il Carpi, non è stato molto diverso dal gaffeur Lotito che non voleva gli «operai» emiliani e ciociari nell'empireo della Serie A; e ha dimenticato che già all'andata, a Modena, il Carpi aveva fatto soffrire la Beneamata, alla fine vincente per quel carattere roccioso e cinico ormai perduto con l'anno nuovo. S'è preso i complimenti di tutti, Mancini, magaricon riserva, grazie alla lunga sequenza di “1 a 0” che ha indotto i critici d'antan - come me - a paragonare la sua Inter a quella di Helenio Herrera, una squadra spietata che aveva spacciato il catenaccio per magia grazie a una difesa di ferro e attaccanti come Jair, Mazzola e Corso. Non mancano gli attaccanti, all'Inter, e appena pochi giorni fa Jovetic s'era detto rinato castigando il Napoli in Coppa Italia mentre di lì a poco avrei registrato i complimenti di Antonio Valentin Angelillo per Icardi, il cui unico limite è quello di sembrar Balotelli, gran talento incompiuto. Ma guarda un po', contro il Carpi Jovetic sparisce e riappare nei sei minuti finali nel tentativo velleitario di far coppia con l'Argentino Innamorato. E con loro se la fa, Mancini, sparando la sbruffonata - per nulla ironica - che lui a «cinquant'anni quel gol, l'avrei fatto». In realtà vien da dirgli che a cinquant'anni avrebbe dovuto imparare a proteggere, non ad attaccare, i giocatori affidatigli dal generoso Thohir al quale manda a dire che «questa squadra (la sua Inter) forse non è neanche da terzo posto». Eppur si spiega, questo distacco del mister sciarpato dai suoi (che guarda caso a Napoli non hanno solidarizzato con lui) col fatto che l'Inter non è una squadra ma tante squadre - una ventina ne abbiamo viste - e con la irrefrenabile giostra del mercato che ancora domenica gli ha fatto dire «qui ci vorrebbe qualche altro attaccante», magari per presentare a San Siro altre bufale esotiche come Shaqiri e Podolski. E la battuta di spirito con la quale ha chiesto a Sarri di dargli Higuaìn, se in altri tempi avrebbe rivelato il Mancini spiritoso (e lo è, se vuole) in questo caso è solo l'ennesimo errore di percorso, una evitabile mortificazione dei giocatori ai quali dovrai chiedere sangue e sudore. No Tears, Mister Robert.
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