venerdì 25 ottobre 2013
Malintesi… Ritaglio di "Repubblica" (27/9, p. 51): «Sconfiggere la morte». Franco Marcoaldi intervista padre Alberto Maggi, che presenta così: «Frate, raffinato teologo e religioso spesso accusato di eresia, uomo spiritoso». Bel dialogo sull'arte cristiana di morire, molto cattolica, pensando a san Francesco... Racconto vivo di una malattia quasi mortale, con vivacità di toni e qualche accenno facile a una specie di vero "diritto" a morire come ciascuno vuole, poi bella prospettiva sul fatto che il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo «è il Dio dei vivi» e non dei morti, la sua realtà «scavalca» la morte: Gesù «non ci ha liberati dalla paura della morte, ma dalla morte stessa». Pienezza dell'umano nella rivelazione-incarnazione di Dio, dunque. Bella pagina in luogo insolito, ma con una battuta finale facile e malinteso pesante. Eccola: «Nell'Antico Testamento il Signore dice: siate santi come io sono santo. Gesù invece non invita alla santità, dice siate compassionevoli come il Padre è compassionevole. La santità allontana dagli uomini comuni, la compassione invece ci unisce». Leggi e pensi alla parola di Gesù stesso per i suoi discepoli: «Padre, santificali nella verità» (Gv 17,17). La vera santità è imitazione di Dio che è Amore: «Amatevi come io vi ho amato!». Può l'amore, che tra l'altro include di necessità la compassione, «allontanare dagli uomini comuni»? Quelli che noi chiamiamo "santi" sono i più vicini agli uomini comuni. Un solo esempio: Teresa di Lisieux vive negli ultimi 18 mesi di vita il culmine del suo «essere l'Amore» (cfr il suo "Manoscritto B") nella prossimità a tutti i fratelli, soprattutto i disperati, gli atei, i lontani. Malinteso superabile: la "santità" in Cristo, unico vero Santo, vince ogni lontananza e sconfigge la morte. Essa rivissuta in noi vince la morte e avvicina gli uomini.
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