sabato 7 novembre 2015
Malinconia in tante pagine, e quindi anche desiderio di aria pulita. Leggo il lancio in prima sul "Corsera" (5/11: «Il Vangelo e il dialogo») e a p. 9 l'anticipazione dal prossimo numero di "Civiltà Cattolica". Il direttore, padre Spadaro, offre a tutta pagina un intervento a un Congresso di Teologia del 1985. Nell'incipit trovi citazione della «pastorale dell'intelligenza» da parte di Giovanni Paolo II: tutto in essa parte da Gesù Cristo, tutto a Lui deve tornare e l'incontro tra fede e cultura è sostanza della missione della Chiesa. La fede deve sempre e ovunque incontrare la cultura di coloro cui è annunciata, testimoniata e vissuta da chi vivendola la annuncia. Di qui le conseguenze: «Rivelare i misteri di Dio» è realtà solo se «l'assoluto del Vangelo trova proprio nel cuore culturale dei popoli (…) luogo adeguato in cui incarnarsi». Ancora: «Stiamo rivendicando all'incontro tra fede e cultura, nel suo duplice aspetto di evangelizzazione della cultura e di inculturazione del Vangelo, un momento sapienziale», che è mediazione tra la fonte della rivelazione e il suo toccare la vita reale degli uomini da evangelizzare. Più avanti, avvio delle conclusioni: nel compito di «evangelizzare le culture e inculturare il Vangelo è necessaria una santità che non teme il conflitto…(che) implica parresìa», e dunque «affrontare il conflitto non per restarvi impigliati, ma per superarlo senza eluderlo», come farebbe un perenne «estremismo di centro che vanifica qualsiasi messaggio». Quindi, la paura è solo inerzia, e il coraggio è «parresìa nell'evangelizzare le culture e inculturare il Vangelo» con la «hypomoné, pazienza apostolica di tutti i giorni… contemplazione della sofferenza e della festa». Così Jorge Mario Bergoglio, 30 anni orsono! Leggo la sua omelia conclusiva del Sinodo: ritrovo aria, anche oggi respiro.
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