martedì 16 gennaio 2018
Ho fatto un sogno: Arrigo Sacchi presidente della Federcalcio. Se non siete già scappati in altra pagina vi spiego perché. Nel dibattito presidenziale aperto il giorno in cui la Svezia ci ha sbattuto fuori dalla Storia ne abbiamo sentite di tutti i colori. I cambiamenti effettuati e annunciati mi hanno fatto dire allora ch'era sceso in campo il Gattopardo: tutto cambi per non cambiare nulla. L'esperienza aiuta: ci ho preso. Se fate caso, l'unico potente ancora in circolazione è Tavecchio, colui che ho subito definito “Mezzo Tavecchio”, ovvero il titolare dell'unico mezzo potere che conta, commissario della Lega di Serie «A che c'ia' li sordi - dicono a Roma - e ha sempre vinto. A sostituirlo - ma sono curioso di vedere come e quando - una Triplice più divisa di quella sindacale: Sibilia (presidente dei dilettanti, già impegnato nella campagna elettorale “vera”, da senatore di Forza Italia), Gravina (presidente della cenerentola Lega Pro) e Tommasi (“anima candida”, scelto da Avvenire come presidente Figc ideale). Se è vero che nell'altro agone elettorale si sentono sparare ogni giorno promesse impossibili, nella partita del pallone mancano anche quelle, si sente solo parlare di futuribili straordinarie riforme di carattere soprattutto “culturale e morale”. Aria fritta. E veniamo a noi. In due giorni, prima sulla “Gazzetta dello Sport poi sul “Quotidiano Nazionale”, è stata presentata, aggiornata e commentata con due interviste la Filosofia di Arrigo Sacchi - il romagnolo di turno - che alla fin fine rappresenta l'unica figura (non figurina) davvero mondiale del calcio italiano. E non dico dell'inventore delle ripartenze e di altre diavolerie tecnico/tattiche che non ho mai condiviso; parlo dell'uomo che è nato commerciante esperto in far di conto eppoi s'è dato alla passione pallonara raggiungendo i più alti vertici di un Governo Planetario non solo con vittorie esaltanti (e ci metto anche le sconfitte brucianti: tutta esperienza) ma con prediche utilissime alla sempre più larga diffusione del calcio. Per dirne una - e mi riferisco alle citate interviste - Sacchi è l'unico che parla concretamente di futuro perché è l'unica voce - non solo del calcio - ascoltata dai Giovani, ai quali il futuro manca davvero. Ha il tono del riformista non messianico, comprensibile, attivo. È anche un Ricco&Famoso che non cercherebbe mai poltrone per ipotetiche affermazioni personali. È sicuramente dotato di quelle capacità manageriali che possono permettergli di affrontare nell'ordine, Coni, Uefa e Fifa. In caso di necessità può anche trattare praticamente di calcio con Ancelotti, Conte, Mancini, Sarri e Gasperini (mio candidato ideale), con i tecnici che farebbero i Ct per consolarsi, con i critici che danno solo numeri. Ecco il Sacchi che vorrei. Spero che chi conta abbia il coraggio di sceglierlo. E pagarlo, naturalmente. Con i manager a rimborso spese siamo finiti qui. Nel nulla.
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