Maggiordomi virtuali, spie reali in casa
venerdì 31 marzo 2017
Tanti sognano un maggiordomo. Soprattutto se virtuale. Siri è arrivato cinque anni fa sull'iPhone e, a breve, ha promesso di stupirci con nuove mirabolanti funzioni. Intanto, molti si divertono a porgli richieste e domande assurde, per ascoltare con gli amici le sue risposte (pre-impostate) e ridere. In cambio, Siri si «vendica» appena può. Tu pronunci comandi semplici, tipo: «Telefona a Cris»; e Siri ti risponde: «Chiamo Cristina», e inizia a comporre il numero di un'ex amica che magari non avevi nessuna voglia di sentire. Così, lo strumento che doveva lasciarti le mani libere e aiutarti, ti costringe a correre a spegnere il cellulare, rischiando persino un incidente se sei in auto.
Chiunque di voi, se ha provato Siri, Cortana o Google Ok, ha una storia simile da raccontare. Da chi è stato svegliato di notte da una voce che diceva: «Non ho capito. Ripeti»; a chi è arrivato a litigare con questi sistemi, diventando paonazzo perché non capivano i suoi semplici comandi.
Eppure di assistenti vocali ce ne saranno sempre di più. Sempre più efficienti e sofisticati. Capaci di svolgere sempre più funzioni.
All'estero, dove sono già disponibili, si trovano recensioni entusiaste di Google Home e Amazon Echo. Probabilmente un po' sono pilotate e un po' sono vere. Google Home sembra un profumatore d'ambiente, mentre Amazon Echo è un dischetto. Entrambi al momento permettono di comandare gli apparecchi di casa collegati, a patto che siano di società che hanno stretto patti con le due aziende. Ma la promessa è che presto saranno in grado di interagire davvero con l'utente, attraverso sistemi di auto apprendimento. All'inizio i «maggiordomi digitali» devono imparare il modo con cui i loro «padroni» parlano (comprese inflessioni e cadenze); ma fatto questo la loro capacità (grazie anche all'intelligenza artificiale) potrebbe crescere a dismisura.
Già oggi Siri e Alexa (l'assistente vocale di Amazon Echo) sono in grado anche di raccontare barzellette (in inglese). Ma in futuro con Google Home e Amazon Echo basterà un comando vocale per ordinare loro di farci la spesa o di darci le informazioni sul traffico nel tragitto tra casa e l'ufficio.
È facile intuire quanto anche persone disabili e anziane, che faticano non poco a muoversi tra tasti e funzioni dei cellulari, potranno essere avvantaggiate da simili assistenti.
C'è solo un punto – per la verità, macroscopico – che non è ancora stato bene risolto. Come la mettiamo con la privacy? Per funzionare al meglio, infatti, i nostri «maggiordomi digitali» devono conoscere di noi sempre più cose e trasmetterle alla «centrale» che li comanda, grazie alla quale imparano a rispondere in modo sempre più efficiente alle nostre richieste. Solo che, in questo modo, è come avere 24 ore su 24 una spia elettronica in casa che sa (quasi) tutto di noi e delle nostre abitudini. Un «orecchio» che potrebbe registrare ciò che diciamo anche in una situazione intima e in teoria protetta come la nostra casa.
Impossibile fare finta di niente. Perché, lo si voglia o meno, il futuro è questo. Meglio prepararsi nel modo più consono, prima di venirne travolti.
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