giovedì 18 marzo 2021
I quotidiani contribuiscono al panico? L'accusa gira e rigira su quei luoghi di pacato e pensoso discernimento che sono i social. Ma allora, sono irresponsabili questi quotidiani? Il problema pare sia far digerire al pubblico che il “rischio zero” non esiste, neanche ingoiando un'aspirina. La “Stampa” è sincera fino all'autolesionismo: «Il vaccino e quei rischi che dobbiamo accettare». Concita De Gregorio, sulla “Repubblica”, sembra (solo apparenza) remare contro: «La verità, lampante, è che sui vaccini si naviga a vista. Nessuno ha certezze». C'è chi, in singolare convergenza, usa la metafora della guerra. Martedì è Alessandro Sallusti (“Giornale”) ad avvertire che «in guerra si combatte», paragonando la campagna vaccinale al D-Day, con un titolo non esattamente felice: «Bomba sui vaccini». Evoca la battaglia, il giorno dopo, pure Antonio Polito sul “Corriere”: «Ogni volta che il pericolo è letale e imminente, una comunità sa che combattere comporta pericoli, che vanno ridotti al minimo, ma devono essere accettati».
Proprio questo pare il problema, far accettare la dose minima ma inevitabile di rischio. Il “Giornale” – titolo: «Il Covid fa 500 morti. Il vaccino nessuno» – ha il merito di offrire una illuminante prospettiva storica. Matteo Sacchi racconta tre secoli di immunizzazioni, dal vaiolo in poi, con rivolte, bombe ed epidemie quasi debellate che tornano pimpanti a mietere vittime: «Vaccini, una storia di paure infondate. Dal vaiolo alla polio, i sieri hanno sempre scatenato rifiuti e paure. E qualche truffa». Martedì era scesa in campo l'Aifa, distribuendo il proprio verbo: il presidente Giorgio Palù intervistato dal “Corriere”, il direttore Nicola Magrini dalla “Repubblica”. Il “Messaggero“ è sicuro: «Decessi non legati al vaccino». Conclusione: i quotidiani sono innocenti, ma ha ragione il “Manifesto”: «Non ci sono nuove evidenze scientifiche sulla minore sicurezza, ma recuperare la fiducia dei cittadini non sarà facile». Proprio per niente.
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