domenica 31 dicembre 2006
È fin troppo facile rimandare al mittente l'accusa alla Chiesa di ingerenza nelle cose di Cesare. La polemi-ca sui Pacs e i mancati funerali religiosi di Welby ha indotto i laicisti a invadere i territori della Chiesa per insegnarle il Catechismo. Così sono apparse sui giornali "laici" molte inattese omelie sulla predica-zione di Gesù e sulla carità cristiana. Su Repubblica il reverendo Scalfari ha ribadito, a proposito delle coppie di fatto, che «chi non ama i diversi non è cristiano» (domenica 10) e perché una doverosa legge sui Pacs va «considerata parte integrante del messaggio» di Gesù. Don Corrado Augias, diacono a Repubblica, ha spiegato (domenica 10) «qual è la vera famiglia» e in che cosa consiste il «peccato mortale» (per il rev. Scalfari è «l'ostilità contro i conviventi»). Padre Filippo Gentiloni, dei Canonici Regolari Comunistensi, ha precisato sul Manifesto (venerdì 29) che «la barca di Caronte non salpa dai palazzi vaticani». Mons. Antonio Padellaro, parroco dell'Unità, ha chiesto alle «Eminenze, Cristo dov'è?» e rav Furio Colombo, rabbino emerito della stessa sinagoga, ha tenuto un sermone sul «seme nascosto della guerra santa» (mercoledì 27). Madre Rina Gagliardi, delle suore Rifondazioniste, ha denunciato invece «la ferocia dei principi ortodossi» (Liberazione, mercoledì 27) mentre Federico Orlando, sacrista della basilica di sant'Europa, ha confessato «i vecchi peccati della Chiesa» (mercoledì 27). Infine (stesso giorno) a proposito dell'«amore per la vita», fra' Adriano Sofri, cappellano delle carceri della Repubblica, ha pregato per tutti: «Allontana da me, Padre, la parola etica». IL NATALE SUL SERIO «Si può prendere sul serio il Natale?». Si tratta di capire che cosa s'intenda per «serio». In ogni caso il mondo "laico" dice no. La domanda, su La Stampa (giovedì 21), era di Gianni Vattimo, che però non risponde in modo esplicito, anche se è per il no: «Il meglio per celebrare il Natale è avere dei figli piccoli a cui spacciare ancora una volta la storia di Gesù Bambino [...] nella luce incerta di una mitologia con pastori, buoi asinelli...». Anche un altro filosofo, Umberto Galimberti, è per il no, perché, «in ogni caso, Gesù non aveva alcuna intenzione di fondare una nuova religione». Il che può esser vero in senso stretto, avendo Gesù annunciato piuttosto la salvezza mediante la fede in Lui e nella Chiesa, che però esplicitamente fondò su Pietro. La risposta di Corrado Augias (Repubblica, martedì 19), è infine un'intera pagina di autopromozione del suo libro su Gesù, nella quale, rispetto alle solite tesi razionaliste, non dice nulla di nuovo salvo tre cose. La prima: «Per giustificare l'origine divina di Gesù» il Vangelo di Giovanni «non ricorre alla nascita verginale», (semplicemente Giovanni non la racconta). La seconda: i Vangeli «non dicono con chiarezza se Gesù si sia mai considerato messia» e qui ad Augias è sfuggito il particolare di Gesù che si dichiara esplicitamente tale sia a Pietro, che così l'aveva definito, sia a Caifa, che glielo aveva chiesto. La terza cosa, però, è la vera sconvolgente novità: «È assai probabile che Gesù parlasse il dialetto della sua regione, l'aramaico-galileo».
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