venerdì 10 ottobre 2014
Da decenni, i giovani italiani consumano molta musica e perfino fanno musica. Non sono un esperto, né un frequentatore di concerti di massa, ma ascolto musica e col tempo, da ignorante qual ero per origini sociali e ambientali, ho un po' affinato l'orecchio, e so distinguere, credo, la buona musica dalla cattiva, nella musica "alta" come nella musica "bassa". Anche nelle canzoni, con particolare predilezione per gli anni (internazionali) in cui le canzoni avevano a che fare con la cultura popolare, con l'invenzione popolare, e per la voce umana, specialmente la femminile (perché, è una constatazione piuttosto ovvia, la gamma di sentimenti che le voci femminili riescono a esprimere è maggiore di quanto accade con le maschili). Sono, come con altre arti, un onnivoro, riconoscente nei confronti di chi, al contrario di me e in genere dei soloni (insopportabili) della critica, ha il dono di saper scrivere, comporre, suonare o cantare, dipingere, fotografare, recitare, dirigere (film, orchestre…) e, come si dice, "creare". Non è invidia, è proprio riconoscenza: a ognuno i suoi talenti. È per questo che ho sempre visto con grande simpatia i giovani che si mettono insieme per far musica, anche i più chiassosi e mediocri: fanno musica, non la consumano soltanto (il paragone che mi viene in mente a loro vantaggio è con i tifosi del calcio…). E si mettono insieme, in una breve età della vita, e tenendosi a parte dal mondo adulto sperimentano il gruppo e si mettono alla prova in qualcosa che ha senso, se non altro, per quelli come loro. Non ci sono altri esempi puliti di questo tipo, in una società che di fatto odia i giovani e pensa solo ai modi migliori di castrarne le potenzialità, l'energia, la fiducia in sé e nella vita. Sono pronto a sopportare anche pessima musica, se mi capita di imbattermi in gruppi di adolescenti entusiasti, che fanno musica. E questo non vale solo per la musica quotidiana, non "colta", e dunque, nella convinzione di alcuni, "incolta". I giovani fanno oggi anche musica "colta". Tanti. Nella bella intervista con Charles Mingus, sublime jazzista - John F. Goodman, "Mingus secondo Mingus", minimum fax - leggo: «Anche se non sono capaci di rilassarsi nemmeno per un minuto, non credi che i giovani apprezzerebbero Pablo Casals se fosse giovane oggi? Lo apprezzerebbero eccome, se questo Paese sapesse valorizzarlo. E non capisco perché vogliano impedire ai giovani di sentire buona musica».)
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