domenica 30 marzo 2003
L'avvertenza della Santa Sede secondo cui della guerra all'Iraq «Bush dovrà assumersi la responsabilità "davanti a Dio, alla coscienza e alla storia"» - scrive Piero Ostellino sul Corriere della sera (sabato 22) - «opera una antistorica confusione fra religione e politica» e riduce la Chiesa a semplice «soggetto politico». A lui non fanno problema Dio e la coscienza. Lo fa la storia che, con l'appendice della politica, egli vorrebbe come una riserva "laica" sottratta alla competenza non solo della Chiesa, ma persino della «morale individuale» di chi la fa. Anche stavolta, insomma, la Chiesa sarebbe uscita dal «campo che le è proprio» entrando nella «sfera politica», vale a dire in una terra di nessuno svincolata da vincoli etici: «Rispondere a Dio e alla propria coscienza è un atto che attiene alla morale individuale; rispondere alla storia riguarda la sfera della Politica, cioè è un atto che attiene all'autonomia del giudizio politico rispetto al giudizio morale individuale». Dunque esisterebbero atti umani determinanti sulla vita degli uomini così "laici" da essere sottratti a un giudizio che investe tutto ciò che appartiene al loro agire. Qui, però, Ostellino inciampa in un sassolino: «Bush -scrive - risponderà alla storia nella misura in cui il suo intervento militare avrà avuto successo oppure no». Opinione troppo pragmatica: primo, perché dire che «l'idea che il presidente degli Stati Uniti ha della sicurezza del proprio Paese e dell'ordine mondiale [...] per sua natura solo alla storia è destinata a rispondere» non ha altro senso che di giustificare ogni imperialismo: anche Stalin aveva la sua «idea circa la sicurezza del proprio Paese e l'ordine mondiale». Come la mettiamo? Secondo, perché il successo non è una categoria etica. La guerra è stata inventata per assicurarlo al più forte, non al più buono; e anche da una vittoria ingiusta possono venire conseguenze storiche positive e viceversa. Ostellino, difatti,
si affretta a precisare che questo principio non vale per Hitler (se costui avesse vinto), perché «la storia non la scrivono sempre i vincitori». Ma questo, proprio in campo storico-politico, significa innanzitutto muoversi da un pre-giudizio morale. E infine stabilire in anticipo chi scriverà la storia. LETTERE E OMELIE Assomiglia all'articolo di Ostellino la campagna che Il Giornale sta conducendo, per mezzo delle lettere dei suoi lettori, contro i preti (venerdì 21) «con la tonaca arcobaleno». Il primo dei quali (giovedì 20) è, ovviamente il Papa, che «ha di fatto scomunicato il presidente Bush facendo arrivare un segnale solidale a Saddam Hussein». Di solito le lettere che contengono sciocchezze («Dopo l'11 settembre il Papa ha volato per tutta l'America, ma senza fermarsi sulle rovine ancora fumanti», mercoledì 26. L'ultimo viaggio negli Usa è del 1997) i quotidiani seri non le pubblicano. Il Giornale le mette in prima pagina (venerdì 21) e auspica: «Se i preti tornassero al Vangelo...», invece che predicare la pace (venerdì 21). Perché (risponde Il Giornale, mercoledì 26), così facendo «si pecca di superbia, il primo dei sette peccati capitali, il più odiato dal Signore». E «non occorre conoscere fatti e persone per giudicare» quelle omelie. Bravo!
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