venerdì 14 marzo 2014
   Una piccola e coraggiosa casa editrice marchigiana si è data il bel nome di Portatori d’acqua perché anela a che «la morte per acqua», quella del fenicio Fleba di Eliot, ma anche quella concreta dei morti nel Mediterraneo di questi anni, possa diventare «sorgente di vita, di pensiero, di poesia». Le sue prime proposte, o almeno le prime che ho in mano, sono due volumetti da pochi euro, il primo di Gérard Wajcman, Gli animali ci trattano male, ribalta le riflessioni degli ecologisti mettendosi dal punto di vista degli animali e della loro indifferenza nei confronti degli umani (salvo quelli che gli uomini hanno tentato di umanizzare?) mentre il secondo contiene due brevi testi di Gabriel Bounoure, un grande orientalista che fu maestro a tanti, ma che preferì l’oralità alla scrittura. Col titolo di Il silenzio di Rimbaud, riportano l’attenzione su un poeta che fu qualcosa di più che un poeta, i cui versi e la cui umana vicenda non hanno mai perso la loro virtù provocatoria. Ma, ci si chiede, i giovani di questi anni leggono ancora Rimbaud, ascoltano le sue inquietudini, ragionano sulla sua rivolta, si interrogano e soffrono sulla sua scelta del silenzio? E hanno ancora «suole di vento»? Certamente il silenzio non appartiene alla generazione presente, soffocata da immagini, suoni e parole inutili, stampate e gridate, quale mai prima l’umanità aveva prodotto o tollerato… Forse è dalla poesia che avrebbero da imparare di più, per la sua sete di libertà e di novità, per il suo rifiuto delle menzogne e delle cautele della cultura ufficiale che, se possibile, è più falsa oggi di ieri, ma certamente la provocazione più ardita rimane quella della vita di Rimbaud, del suo rifiuto di continuare a prender parte alla recita sociale, del suo nascondersi altrove, nell’avvilimento di una normalità vissuta come consapevole sconfitta. Il silenzio fu per lui una necessità, la logica conseguenza scaturita dalla constatazione dell’inutilità della poesia e della rivolta… «Folle di una ragione ultima e di una salute essenziale», dice Bounoure, egli ha però «scoperto di essere della razza di quelli che cantano nel supplizio». Quando un giovane ci chiede dei consigli di lettura, il primo è ancora Rimbaud. Ma con l’invito a ragionare sul suo silenzio.
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