martedì 29 agosto 2017
Non credevo che si sarebbe arrivati tanto presto a scoprire che «il Var» (si dice così, parola dell'Accademia della crusca) è uno sciocco, dispendioso e pericoloso nemico del calcio. Gigi Buffon, uno che se ne intende più di mille opinionisti contro «il Var» ha risposto a tono, respingendolo per primo sul campo, l'ha definito «un mostro», «roba da pallanuoto» con tutto il rispetto per la pallanuoto. Il peggio è venuto con le parole dell'ex arbitro Cesari, moviolista eccellente: «Per l'arbitro è un momento difficile, bisogna affiancargli uno psicologo». Come succede a uno che scampa a una tragedia, alla vittima di un gesto criminale, al sopravvissuto a un aereo caduto; oppure a un disadattato. Lo psicologo si invoca non - come taluni pensano - in soccorso di cuori infranti, esaminandi terrorizzati, candidati trombati; lo psicologo è una cosa seria. Poi c'è lo psichiatra. O la depressione senza soluzione. E già li vedi, alcuni arbitri, mentre stanno disegnando quel televisore immaginario nell'aria: hanno l'aria preoccupata, o schifata, o ironica; a un esame da arbitri li boccerei subito: dove sono i fischietti di una volta, forse troppo ricchi di certezze eppur fedeli al regolamento come carabinieri? Dove sono i Lo Bello, gli Agnolin, i Casarin, i Collina, gli Orsato che, avendo goduto di una libertà totale, di grande stima e di una buona popolarità, hanno pensato bene di avviare al calvario del ridicolo, al ridimensionamento umano e professionale i loro eredi per un presunto senso di giustizia, per un ipotetico arricchimento etico del calcio? Ma avete visto come operano? Avete sentito i commenti di tanti calciatori? Lasciate perdere i dirigenti e gli allenatori, quasi tutti non parleranno mai male degli Arbitri come istituzione, temendoli, ma solo dell'arbitro poveraccio che ha commesso un errore a loro danno, anche due anni prima naturalmente; quelli che giocano stanno mettendo in dubbio l'obiettività e la giustizia del direttore di gara più di quanto succedesse in passato. Anche perché si è presto capito quel che vado dicendo da anni: non mi preoccupa tanto il tempo perso davanti al marchingegno visto che si fanno recuperi (come domenica) anche di dieci minuti; mi preoccupa piuttosto il fatto che «il Var» è un uomo sollecitato a intervenire da un altro uomo e accompagnato alla bisogna da altri uomini che decidono non quello che la macchina gli ha detto ma ciò che la tecnologia gli ha suggerito lasciandogli la decisione finale. Come prima. Peggio di prima. Buttando a mare un secolo di faticata credibilità degli arbitri e affidando la presunta Nuova Giustizia ai soliti Vecchi Giustizieri. All'amico Nicchi direi «ma mi faccia il piacere!», alla maniera di Totò'. «Fermateli!», questi apprendisti stregoni; o affidateli, tutti, allo psicologo. Il calcio è una cosa seria. Parola mia.
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