venerdì 16 maggio 2014
Girando per le nostre città grandi e piccole, settentrionali o meridionali, di mare o di montagna, si è spesso divertiti e spesso irritati dall'incrociare per strada, nei bar, negli uffici, una quantità di persone che mettono in mostra con molta spavalderia vestiti strambi, accessori vistosi, capigliature artistiche, tatuaggi e piercing ostentati. Si tratta in prevalenza di giovani, ma le mezza età non scherzano e neanche certi anziani. E anziane. Insomma, la parola d'ordine sembra essere quella di mostrare una presunta diversità, originalità. Tutti diversi ma in realtà tutti eguali? La domanda è inquietante. E fa tornare alla mente un vecchio libro molto stimolante di uno studioso inglese allora nei trent'anni, l'antropologo Dick Hebdige, uscito in patria nel 1979 e pubblicato in Italia da Costa & Nolan, la cui ultima edizione risale al 2008. Si chiamava nell'originale Subculture. The meaning of style, e in italiano Sottocultura. Il fascino di uno stile innaturale. Il titolo italiano è migliore dell'inglese. In Inghilterra c'è peraltro una ricca storia di studi di antropologia della cultura popolare e della vita quotidiana (cultural studies) che ha origini fabiane e studiosi formidabili come Richard Hoggarth e Raymond Williams (in Francia, si va da Bourdieu a Augé, in Italia il terreno viene esplorato da pochi decenni e si sconfina spesso nel giornalismo di costume). Quel che ricordo del libro di Hebdige, esplorazione delle mode e culture giovanili e in particolare di quelle più minoritarie, è una tesi condivisibile: di fronte alle culture dominanti e al loro repressivo conformismo, ci sono sempre state minoranze che le rifiutavano, non nascostamente ma in tutta evidenza, dai merveilleux della Rivoluzione francese ai teddy boys o ragazzi beat degli anni Cinquanta. Solo che allora si trattava appunto di giovani non ossequienti alle mode riconosciute, e il loro era pur sempre un gesto di rivolta, l'affermazione di una alterità. Ma oggi che è buona parte della maggioranza della popolazione a esibirsi oltre le età – a inventarsi voghe e stili, a “truccarsi” per dimostrare di avere una personalità, a pretendere di essere attraverso l'apparire – non di rivolta si tratta ma di un altro tipo di conformismo, che bensì svela non solo la volgarità ma l'insicurezza di tanti.
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