giovedì 8 giugno 2017
Lupus felice, quasi un selfie scritto. Qui, proprio qui ieri "WikiChiesa", rubrica del collega Mocellin, la simpatica rievocazione del «bambino che pranza con Dio». Un sospiro di bontà! Leggi, sorridi e vai avanti. Però poi ci ripensi, rileggi e trovi che davvero dentro quell'esile racconto, a parte i buoni sentimenti che può ispirare, c'è qualcosa di misterioso, di infinito, di eterno… Il bimbo voleva incontrare Dio, esce di casa e dona le merendine alla «donna senza fissa dimora» trovata in strada, che accoglie il dono con «un bellissimo sorriso».
Poi lui torna a casa e dice alla mamma che «Dio è una donna, e ha il più bel sorriso che abbia mai visto». Da parte sua la donna racconta a una amica che «Dio», con il quale ha mangiato una merendina, «è molto più giovane di quel che mi aspettavo». Dio nell'incontro con l'altro, dunque, e da ambedue la parti. Ci pensi e trovi che dentro c'è tanto, anzi tutto: l'«homo homini Deus» dei grandi filosofi, anche quel Dio che si è fatto carne del Prologo di Giovanni, e «lo avete fatto a me» di Matteo 25 nel giudizio di valore della intera vita, e il «noi già siamo figli di Dio, ma ancora non si vede», ancora Giovanni. Tutto! Sospiro di bontà donata.
Ecco perché i Santi, quelli veri che non hanno la «faccia all'aceto» o «spruzzata di peperoncino» - termini noti da qualche tempo, vero? - vivevano alla continua presenza di Dio, anche quando non lo sentivano. Ecco che Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa e «Maestra dei teologi», poteva dire senza superbia: «sì, morendo vedrò Dio, ma quanto a essere con Lui lo sono già pienamente anche ora». Come è stato possibile che una fede così carica di Dio e di Uomo insieme sia stata vista come oppio dei popoli, e ancora come freno al progresso? Colpe di "avversari", certo, ma anche della nostra dimenticanza della sostanza della fede.
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