venerdì 10 settembre 2021
Ci sono intuizioni teologiche meglio espresse nella forma letteraria che in quella filosofica. Ovvero, vi sono narratori che sanno cogliere l'essenza di alcuni passaggi su Dio quasi meglio di quanti ragionano su Dio per professione. Robert Schneider, scrittore austriaco, ce ne dà un assaggio in un romanzo, Kristus (Neri Pozza) dedicato a un predicatore anabattista, Jan di Beukels. Ascoltiamolo: «Posso maledire Dio dentro di me. Lui continuerà a esserci. Posso negare la sua esistenza insieme a tutti i sofisti di questo mondo. Lui continuerà a esserci. Quanto più decisamente lo nego, tanto più impetuoso è il suo sì. Quanto più lo cerco con passione, tanto più crudele è il suo no. Lui non è né il bene né il male, né il giusto né l'ingiusto, né una domanda né una risposta. Lui è. Senza di me. E ha voluto me, ab aeterno. È proprio in questo che consiste la sua inaudita, imperscrutabile, ineffabile grandezza». Una visione «negativa» di Dio, l'idea che di lui nulla di umano si possa dire - siamo dalle parti di Dionigi l'Aeropagita. Ma resta questa affermazione così stringente per la sensibilità odierna che vuole eliminare il problema-Dio: Dio è, anche a toglierlo rispunterà sempre fuori. La storia dei totalitarismi è lì a dimostrarlo: laddove Dio si nega, proprio lì Dio si manifesta.
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