sabato 22 luglio 2017
Un sorriso aperto che nascondeva il grande dolore, il vestito elegante. Mamma Cristina s'è presentata così, ieri mattina, nell'aula magna dell'Università di Torino. Per discutere, davanti a professori, parenti e amici, la tesi di suo figlio.
Luca è morto due settimane fa sul Cervino, dopo una gara di corsa in montagna. La montagna che aveva sognato fin da piccolo, che aveva amato, scalato, studiato. E a cui aveva dedicato anche il suo percorso universitario in biologia, col lavoro finale dedicato a "Gli effetti del succo di barbabietola sulla prestazione sportiva ad alta quota". «Luca e io l'abbiamo costruita insieme questa tesi, discuterla al posto suo mi è sembrata la cosa più naturale anche se non avrei mai pensato che l'Università mi avrebbe invitato ad una cerimonia così», ha spiegato Cristina a chi la intervistava, quasi stupita d'aver destato tanto clamore. «Vi sembra una storia incredibile? Incredibile è stata tutta la vita di mio figlio, compresa la sua dipartita», ha poi aggiunto.
Eccolo lì Luca, bellissimo nei suoi 22 anni, abbarbicato sulla cima del Cervino con l'aria scanzonata. Il cielo è azzurro intenso, sullo sfondo un filo di nuvole intrecciate all'orizzonte. A far scorrere le fotografie, mentre mamma Cristina discute la tesi, pensa l'altra sua figlia, Giulia. C'è tempo per le lacrime, per gli applausi e anche per il racconto del sogno nel cassetto di Luca: scalare gli 8mila metri del Dhaulagiri in Nepal. Per quell'impresa il giovane aveva vinto un concorso europeo: «Adesso il Dhaulagiri è troppo basso per lui – dice Cristina –. È andato molto più su...».
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