mercoledì 3 aprile 2013
«Pixel a parte, la Sindone rimane un mistero»: così sabato sotto il logo “sacro e profano” Paolo Ojetti sul “Fatto quotidiano” (p. 17). In tema qui, stesso giorno – p. 23: «La Chiesa divisa dalle immagini» – Maurizio Cecchetti sulla vicenda dell’iconoclastia e sulla liceità delle immagini del divino a partire dal comando biblico “non ti farai immagine”. Domenica “La Stampa”, intera p. 13 a cura di Giacomo Galeazzi sul tema, ove leggo che papa Francesco nella Sindone vede «lo sguardo di Cristo» e che per il direttore di Civiltà Cattolica essa «è un simbolo della Passione». Resta forte quell’implicita ammissione sul “Fatto”: «un mistero»! La dice lunga sulla superficialità di pagine di grandi quotidiani che per anni hanno (s)parlato del tema tra chimici allegrotti e matematici incantatori: di tutti i colori, con tentativi grotteschi di riproduzione e spiegazioni facilone per lettori di bocca buonissima. «Mistero»: questa parola resta unica. Ma vale la pena di ricordare che quel II comando biblico, da cui tutta la vertenza secolare sulle immagini è scaturita, “Non ti farai immagini”, non suggeriva un tabù – come ancora troppo spesso tocca leggere – ma tutelava due verità fondamentali della rivelazione. La prima è che Dio, il Dio di Abramo e Mosè non si vede, ma si ascolta (Dt. 4, 12), perché le immagini sono mute e invece Dio parla, e la seconda, all’origine, è che fin dall’inizio la vera «immagine somigliantissima» di Dio è «l’uomo, maschio e femmina» che Egli creò (Gen. 1, 26). Ecco: lo sguardo di Cristo sul volto dell’Uomo dei dolori, e il volto di Cristo nel volto di ogni uomo e di ogni donna che «viene in questo mondo»: guardarlo e lasciarsi guardare… Mistero di Dio e mistero dell’uomo inscindibilmente uniti. È lo specifico ebraico–cristiano: oltre ogni attesa.
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