mercoledì 18 marzo 2015
La vetrina della libreria mi incanta, i libri restano oggetti di desiderio. Belle copertine, studiate per carpire lo sguardo che le passa in rassegna sempre più veloce: nella vicinanza lo scarto aumenta a dismisura ed alla fine resta ben poco. Quel poco presuppone il contatto, il libro va preso in mano, soppesato, aperto, leggiucchiato, giudicato. Ci sono pregiudizi che nutro ed allevo con cura essendo stati, nel frattempo, giudicati e ricondotti alla loro origine.Entro o non entro? Non sta nell'elenco dei buoni proponimenti: non ho tempo da dedicare alla lettura, impegni e necessità reclamano. Certo se ho in casa un libro prima o poi riuscirò a leggerlo, mi dico - il tempo si trova non a priori ma durante - entro.Ho scoperto il piacere delle librerie da adolescente, anni di una intensità da far male: la scoperta, senza sostegno senza conforto, del corpo, della socialità, della politica, della vita moderna. Mi si stringe la bocca dello stomaco al solo pensarlo ma anche una gioia di vivere insaziabile. La libreria era, in città, l'equivalente del bosco in montagna; ci stavo bene in compagnia, ci stavo bene da solo; molti interessi, sorprese su sorprese; un luogo in cui ci si può perdere, non annoiare. Non credo di essere cambiato, certo sono cambiate le librerie.
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