giovedì 27 marzo 2008
Una volta
dicevano che "L'Osservatore Romano" mostrava troppo interesse a cose italiane. Oggi gli "osservatori italiani" per una settimana scrivono lenzuolate su un Battesimo a S. Pietro. Caso limite, ma segno dei tempi. Di recente per l'inviato di "Repubblica" (21/3, p.7) «la giornata tipo» di un candidato alle elezioni siciliane era questa: «23 appuntamenti, tra cui la visita a tre vescovi e cinque sindaci». Tre vescovi? Che scandalo! Non dice quali, ma tre alla volta finirà presto, e tutto tornerà calmo" E sì: al solo nominare vescovi e Chiesa, anche dove ti aspetti raffinata lucidità, è subito mitraglia. Sulla "Stampa" per esempio (20/3, pp. 1 e 39: "I vescovi e le regole") Gian Enrico Rusconi comincia così: «È patetico parlare o protestare contro l'ingerenza dei vescovi»" Ma poi lo fa a lungo, tra l'altro annotando che se i vescovi rivendicano libertà di parola, visto lo statuto democratico del nostro Paese, allora «l'operazione è legittima, eppure insidiosa». E perché? Perché così per lui mostrano che «la democrazia sta a cuore solo quando serve ai (loro) valori». Ma davvero? A Malpelo pare " i testi stanno lì da anni, nero su bianco " che i vescovi italiani abbiano dimostrato coi fatti " per esempio nel 1974 e nel 1981 " di saper accettare l'esito democratico anche quando certi valori non apparivano "serviti". E allora? Allora è davvero «patetico» " torna l'espressione d'esordio del pezzo " che poi Rusconi stesso lamenti che «il dibattito su democrazia e laicità» si sia «incattivito». Certo! Se si gioca a far dire agli altri quello che non dicono, allora addio lucidità! Finisce in lite. Da una parte sola però"
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