venerdì 27 novembre 2009
Come il buon Omero, talora dormono anche i migliori maestri. "Corsera" martedì, bella pagina 40 intera di Aldo Cazzullo sul libro di don Luigi Verzé, presidente del San Raffaele, che «riscopre Cristo riformatore sociale». Titolone, «La proprietà privata secondo Don Verzé», e sommario didascalico, «Né di destra, né di sinistra: il possesso è lecito, ma l'unico padrone resta Dio». Pagina completata con bel brano del libro. Ottimo, ma con domanda: possibile non si sospetti che don Verzè, davvero né di destra né di sinistra, non inventi e neppure scopra realtà misteriose? La dottrina che la proprietà privata non è assoluta, ma deve avere «fine sociale» e in condizioni di «estrema necessità» va superata «per giustizia» e destinata all'uso di tutti è esplicita nei testi " certo richiamati da don Verzé " del Concilio Vaticano II che non la inventa, perché a partire dagli "Atti degli Apostoli" è quasi bimillenaria e fin dai primi secoli si afferma con forza provocatoria nei testi dei Padri della Chiesa. Infatti la "Gaudium et Spes" del Concilio " intero n. 69 " lo ricorda con rimandi precisi: lettere papali del '900 fino a Giovanni XXIII, poi Tommaso d'Aquino, e in precedenza testi che qualcuno direbbe addirittura «sovversivi» di santi come Basilio, Agostino, Gregorio Magno, Bonaventura. Testuale: tutti «gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non solo con il loro superfluo» perché «in estrema necessità tutte le cose sono comuni, quindi da mettere in comune, e si ha il diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui». Farina di Vangelo richiamata da don Verzé: anche per oggi"
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