martedì 23 ottobre 2012
Ancora musica. In una scena di Madame Bovary, Emma è al pianoforte e suo marito Charles la guarda. Flaubert scrive: «Batteva sui tasti con disinvoltura, percorrendo senza posa la tastiera da un'estremità all'altra. Così scosso, il vecchio strumento, con le corde che vibravano, si faceva sentire fino in fondo al paese quando la finestra era aperta, e spesso lo scrivano del balivo, passando per la via principale, a capo scoperto e in pantofole di pezza, si fermava in ascolto, il foglio di carta tra le mani». È la creazione narrativa di un mondo: Flaubert doveva costruire un paese credibile dove collocare Emma. Considerando quello che accade nel resto del romanzo, si direbbe che i dettagli, le corde vibranti, le pantofole di pezza, siano accessori. Invece non è così, e Flannery O'Connor, grande indagatrice della scrittura e autrice di racconti dove l'irruzione del divino fa da bizzarro controcanto a storie di sbandati e diseredati, ne trae un insegnamento: «Cura immediata di uno scrittore non sono tanto idee grandiose ed emozioni tumultuose, quanto infilare pantofole di pezza agli scrivani». E di insegnamenti, ne sottintende altri: si può leggere la vita dentro una rigida adesione alla realtà, ma si può anche leggere per la vita, che come l'arte è selettiva e ha bisogno dell'essenziale per risuonare.
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