mercoledì 5 maggio 2021
Indovinello nazionalpopolare: quando a Milano succede qualcosa di clamoroso che si fa? Si va in piazza Duomo. È quasi un istinto, che io percepii quel 13 maggio del 1981 quando un amico mi urlò dall'altra parte della strada: «Hanno sparato al Papa!». Senza dire nulla salimmo sull'autobus 55 e andammo di corsa in piazza Duomo: nessuna convocazione né sms, perché allora i telefonini non c'erano. E che poteva accadere se l'Inter avesse vinto lo scudetto? La stessa cosa che da sempre fanno i milanesi. Con un problema non secondario: siamo ancora in piena pandemia e le deroghe – se così si possono chiamare 30mila persone festanti – fanno male a tutti. Però c'è qualcosa che fa ancora più male e sono i distinguo del giorno dopo, da parte di virologi ed esperti che danno interpretazioni diverse sulla gravità del fatto, come se non avessimo passato un anno di consigli precauzionali annunciati in ogni dove e che, a un certo punto e quasi come un gioco al videogame, non valgono più. Ci si arrabbiava quando in tv si mettevano a confronto i dietologi, che alla fine sembravano dare solo spettacolo senza far emergere una verità; oggi che la specializzazione medica è cambiata, oltre alla rabbia subentra l'angoscia. Detto questo, senza voler fare l'"umarell" di turno, mi chiedo: ma prevedere per 4 ore il blocco di uscita alle stazioni metro afferenti a piazza Duomo o modificare la viabilità per deviare e controllare i flussi dei nerazzurri festanti era così improponibile? Oppure bisognava aspettare il fischio dell'arbitro? «A che gioco giochiamo?», si son chiesti i ristoratori arrabbiati, parlando di figli e figliastri che hanno manifestato un senso di frustrazione, se è vero che fra 15 giorni qualcuno paventa di contare le conseguenze di una festa che potrebbe inficiare la speranza di bere il caffè al banco dal 15 maggio. E magari occupare gli spazi interni se piove, senza dover ricevere la sanzione: come è accaduto a quel ristoratore di Verona che, di fronte a un temporale improvviso, ha fatto entrare i clienti per ripararsi. Se ieri leggevamo su queste pagine che a Londra la crisi pandemica sommata alla Brexit si è portata via il personale di ristoranti e bar, in Italia girano appelli del medesimo tono da parte di ristoranti che nel 2019 andavano a gonfie vele. Purtroppo siamo tutti stanchi, ma chi vigila sulla sicurezza non se lo può permettere; sennò i controlli, anziché perseguire un indirizzo, sembrano il gioco della roulette russa. Già: a che gioco giochiamo?
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