sabato 16 novembre 2013
Questo scritto - come gli altri 77 che mi sono stati chiesti per i mesi di ottobre, novembre e dicembre - deve constare di 1300 battute, spazi compresi. Una minima variazione, immagino, è permessa: ma non me la concedo oltre le venti battute. Succede di rado, però, che la prima stesura abbia la dimensione giusta. Io ritengo giovi una certa sovrabbondanza: approssimare per difetto indurrebbe a inserire dopo dei riempitivi deboli; meglio dover tagliare. Devo tagliare 206 battute, ieri ho detto a mia moglie; che si è quasi offesa: come fai? Ho risposto da spaccone: conto e poi taglio, dove viene viene. E le ho spiegato: ciò che scrivo io non è mai «L'infinito», gli si può mancare di rispetto impunemente. Non si è convinta; la gente capisce poco che la scrittura è fatta anche di osservanze alle regole: basti pensare alla forma sonetto (e ai sonetti di Shakespeare). Senza vincoli simili, che possono variare, essere reinventati ad libitum, non esisterebbe la scrittura: che pure è, eminentemente, anima. Anch'essi dunque sono indispensabili veicoli dell'anima: aveva ragione Franco Fortini nel suo elogio della metrica e della grammatica. Oggi mi dedico a proclamarlo: la disciplina è importante, è una costante obbligata della vita. Senza disciplina, l'anima non si libera, non diviene mai se stessa.
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