sabato 6 luglio 2019
Gli addii sono sempre temi di tristezza ed ogni cosa che lasci assume per te il posto più bello del mondo, il tempo migliore della tua vita. Le radici invisibili che tengono il nostro animo legato all'attimo della nostra nascita resistono, anche se dimenticate negli anni, per sempre. Migliorano anzi con il tempo, lasciando di sé stesse solo quel sogno di gioia e di bellezza che tu non avresti mai immaginato. Lasciare la casa del tuo primo anno di vita, del tuo sentirti crescere, delle prime scoperte di quante cose ti vivono attorno: il freddo e il caldo, il vento e il sole, il grido degli uccelli la sera ed i sorrisi di chi ti passa vicino per la prima volta. Quando si prende coscienza di se stessi, del luogo dove si è nati alla vita? Poi tutto si costruisce sopra questo primo giorno e va avanti in fretta quasi per non perdere il tempo a noi destinato. Gli anni spesso ci allontanano dal luogo della nascita che forse non vedremo più, ma che mantiene la magia delle cose prime, che è ancora nei nostri sogni di bambino. Niente ha la forza del ricordo come il tempo quando sei costretto a perdere il luogo della tua giovinezza. Allora ogni cosa diventa preziosa, anche lo scialle a fiori che tenevi nel tuo armadio, anche le statuine di ceramica, di poco conto che salutavi ogni sera prima di andare a letto e le “bugie”, quelle candele che la nonna ti dava alla sera da portare fino al letto quando mancava la luce per i temporali! Perché si ricordano queste cose inutili invece degli incontri importanti durante gli anni giovani e poi maturi? Perché quando penso alla mia adorata casa tra le montagne ricordo le cose di poco valore: il caminetto di pietra, lo sbattere degli scuri di legno per la furia del vento, il picchiettio della pioggia, prima lento e poi forte sulle foglie della quercia quasi appoggiata alla casa. Niente mi faceva sognare quanto questa vita delle cose che avveniva al di fuori del nostro potere, come i caprioli che uscivano piano dal bosco per brucare sul nostro prato appena tagliato e ad ogni piccolo nostro rumore alzavano il capo e poi si nascondevano dietro le siepi più grandi, per riprendere poi in sicurezza il loro silenzioso brucare. Perché non scrivo dei ricordi degli uomini di politica di un tempo che mio padre riceveva all'ombra del tiglio davanti alla casa invece di lasciare cadere delle lacrime perché la mia salute non mi permette più di salire ai mille metri dove vivono le querce, i larici, gli abeti e dove le cime di pietra guardano con l'orgoglio dei secoli noi che camminiamo sotto questo sole senza pietà? Il luogo della nascita alla vita lascia un timbro che non muore e che resterà con noi fino all'ultimo giorno.
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