martedì 23 luglio 2019
Venerdì "Osservatore Romano" (p.7) «Tra fede e realtà» a firma Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Qualcosa che ti pare attendevi da anni... «Fede e realtà» o «Realtà della Fede»: il richiamo è alla chiara distinzione tra l'oggetto della fede e la sua espressione verbale come tale: la cosa e le parole per esprimerla. Ecco l'antico ammonimento: «Rem tene, verba sequentur!» "Tenere" la fede e dar seguito via via con le parole appropriate. È un punto essenziale: la Chiesa cattolica ha sempre "tenuto" l'oggetto della sua fede, espressa anche con parole diverse nel corso dei secoli. La formula tradizionale dice: in eodem sensu, in eadem sententia (nello stesso significato, nella stessa affermazione). È il tema della "evoluzione del dogma", sempre tanto malinteso da chi non riusciva – o non voleva – distinguere tra il proprio linguaggio, figlio di storia e condizioni sempre diverse, e la realtà del mistero creduto e professato anche con diverse parole... Si parlava di "evoluzione del dogma", e in questo senso già Giovanni XXIII nel suo Gaudet Mater Ecclesia aprendo il Concilio disse che «la Parola di Dio non cambia, siamo noi che la comprendiamo sempre meglio», e quindi sempre meglio dobbiamo insieme conservarla ed esprimerla... Che bella lettura! E in singolare coincidenza annoto che in questi stessi giorni nella Sessione del Sae (Segretariato attività ecumeniche), da sempre spinto da quel "Che tutti siano una cosa sola", si può vedere come superare nella preghiera e nella realtà da "tenere" anche le differenze con le Chiese diverse e insieme sorelle, figlie della stessa Incarnazione di Gesù, unico Signore e Dio vero. Qui un solo pensiero: per la presenza eucaristica è essenziale le fede in essa, e non il dibattito sulle formule (figlie magari di categorie aristoteliche che distinguono accidenti e sostanza). Davanti a noi un campo aperto, e tanto cammino da fare alla luce della «Parola che non cambia»...
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