sabato 24 febbraio 2018
Capisco i giovani e anche quelli meno giovani che hanno imparato a vivere secondo le leggi dei nuovi padroni: i telefonini. Si fa presto a non comperare più il giornale e a sostituire le notizie di ogni giorno muovendo la punta delle dita sul piccolo schermo che in pochi attimi e senza fatica ci regala ciò che vogliamo sapere del mondo. La scelta del conoscere è data dal tempo che vogliamo dedicare e che di solito è breve, sia perché è scomodo leggere su uno schermo così piccolo notizie che meriterebbero almeno una pagina di giornale, sia perché la misura ridotta non colpisce sempre il nostro pensiero e offende meno la nostra sensibilità. Basta un colpo veloce e tutto sparisce al nostro sguardo e forse anche alla memoria. Si ascoltano le voci del mondo mentre si cammina, si guida, si sta seduti in un tram e tutto assume, mi pare, la posizione di qualcosa che passa come lo è il mezzo che usiamo. Leggere le notizie sul giornale invece, richiede un posto tranquillo, un'attenzione maggiore, un tempo più lungo e ti impone quasi una risposta anche se non hai nessuno vicino.
La televisione può essere una cosa di mezzo, che attira, si ferma sui fatti sia giudicandoli come lasciando allo spettatore la libertà di un giudizio. La guerra che distrugge uomini e cose nel Medioriente colpisce la nostra fantasia se vista su uno schermo più grande dove gli uomini cadono in mezzo alla polvere che soffoca l'aria e le donne corrono veloci portando in braccio qualcosa che assomiglia a un bambino coperto di stracci per un inutile riparo. E si parla di vittoria. Nessuno vince in queste lotte che sembrano ritornare alle battaglie medioevali quando si combatteva corpo contro corpo come oggi tra le case e i vicoli, dove chi non ha armi abbandona la vita tra la polvere. La tv ci risparmia le grida di dolore, di vendetta e di vittoria, ci risparmia anche certe atrocità che non sembra possibile credere appartengano ancora agli uomini del nostro secolo.
Tutto questo ci fa pensare quanto sarà ancora lungo il nostro cammino verso quella fraternità di pace che in un tempo futuro ci è stato promesso, illuminerà il mondo. E come pare difficile credere al valore della bontà e dell'altruismo, alla forza della persuasione e alla grandezza dell'esempio quando i signori della guerra da qualunque parte usino le armi non si fermano ad ascoltare le grida, il pianto, il desiderio di vendetta che le loro azioni scatenano nel mondo. Allora cosa offriamo ai nostri figli se non sappiamo dove trovare speranza, pazienza, volontà di bene? Far loro scoprire quanto piacere lascia un'azione di aiuto, un atto di pace e quanto paga la rinuncia a qualcosa di personale se è desiderata da altri. E ancora quanto può essere grande il valore del silenzio, come si può ottenere la felicità quando ti accorgi che qualcuno ti ama per quello che sei. E sopra ogni cosa avere un sorriso per tutti. Perché sorridere è costruire per gli altri.
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