giovedì 20 giugno 2013
Da quella casa maledetta sono venute voci, poi canzoni, e profondissimi silenzi. Dopo un po', Gesù se ne esce coi suoi e Zaccheo sulla porta li saluta. Si è tolto le vesti appariscenti con cui ama comparire di solito, la tunica è semplice. Sembra ancora più basso. È un po' spettinato, la faccia da muflone ha un'espressione come dopo un grande viaggio, eccitata e affranta. Abbraccia Giacomo e dice solo: «A presto, farò come ho detto».Poi da solo, quasi continuando a parlare a loro, guardando quegli uomini allontanarsi: «Sì, ora inizia il mio lavoro … Restituire, restituire…». Ma come potrà mai restituire non solo i denari, i centesimi, ma anche le occhiate oblique, le parole morte, le minacce, e restituire la stima, le cordialità uccise, le gentilezze strappate di mano? Zaccheo per la prima volta si sente in debito, un debito mostruoso, un saldo negativo che lo schianta. Ma oscuramente ora sa che il conto non è più nelle sue mani, i conteggi sono diversi, i numeri del dare e dell'avere si sono confusi, le misure saltate. E qualcosa che somiglia a uno smarrimento, a una linfa, una voce ragazzesca di gioia si apre la via in un bosco pietrificato. Per la prima volta da anni quest'uomo che era ricco e ora ha un debito inestinguibile sente qualcosa sciogliersi nel nodo morto del cuore.
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