martedì 16 settembre 2014
Finì Italia-Germania 4-3 e arrivò la chiamata di Gianni Brera dall'Azteca: «Fra poco trasmetto il pezzo, ma non date di matto anche voi. Gridano tutti “che spettacolo!” ma questo non è calcio... Vi do una battuta di Rocco per i titoli: “Danke Schoen”, il tedesco ha sbagliato tutto...». Sì, grazie a Helmut Schoen, ai suoi vistosi errori tattici, l'Italia aveva vinto la sfida che sarebbe passata alla storia come la Partita del Secolo; e chi glielo diceva, a Brera, che dalla Redazione del "Guerin" - piazza Duca d'Aosta - si vedeva già una folla festante davanti alla Stazione Centrale di Milano e che la radio dava notizia di feste in tutta Italia, isole comprese? Giuan avrebbe scritto pagine dense d'emozione e d'ironia con dettagli taglienti tipo «il calcio giocato confuso e scadente sotto l'aspetto tecnico-tattico... Sotto l'aspetto agonistico e sentimentale una vera squisitezza, tanto è vero che i messicani non la finiscono di laudare, in quanto di calcio poco ne san masticare...». Be', un intero popolo di competenti (siamo o no il Paese di 60 milioni di commissari tecnici?) si esaltò per quel successo che a Brera non piacque - dissero i maliziosi - perchè il gol della vittoria l'aveva segnato Rivera, l'odiamato Abatino. E invece era un momento storico per il dibattito calcioculturale fra difensivisti del partito Brera e i qualunquisti del partito Ghirelli, che continua oggi anche se in toni meno ideologici. Io ero l'unico riveriano nel giornale di Brera ma mi lasciai convincere al pensiero catenacciaro. Con giudizio, però. Come oggi, quando rivedo i 7 gol dell'Inter al Sassuolo e il 5-4 di Parma realizzato dal Milan inzaghiano, due festival dell'errore tattico, e tuttavia confesso che mi sono divertito. Preferisco ricordare il capolavoro di catenaccio di Mourinho a Barcellona e il suo italianissimo Triplete ma ammetto che coi tempi che corrono, traversati da un disfattismo pauperista, il Qualunquismo Tattico che fa spettacolo e esalta il popolo è una fonte di salute. Tutto quel che è reale è razionale: 7-0 e 5-4 fanno punti, classifica, rilanciano Milano verso sogni di scudetto. Dunque non oso affrontare l'abusato concetto caro a Frossi della perfezione dello zero-a-zero soprattutto dopo aver visto Fiorentina-Genoa; e per fortuna è salva anche l'ideologia che mi è cara grazie al "drammatico" successo in contropiede - bel gol di Maxi Lopez - dell'accorto Chievo sullo sciagurato Napoli di Benitez che non ha ancora capito i pur banali segreti della pedata italica. E mi dà soddisfazione anche la mesta confessione di Di Francesco, umiliato dalla dura lezione impartita al suo Sassuolo da Mastro Mazzarri: non tanto per la gragnuola di gol che ha ridato il sorriso al già mesto Moratti e esaltato San Siro, ma per aver riconosciuto la presunzione dei suoi ragazzi influenzati dai festeggiamenti azzurri per Zaza. L'ho scritto qui: Conte è grande e Zaza è il suo profeta, e ben mi sta che la Nazionale sia in pugno al più concreto sognatore di queste contrade che ha convinto la critica più diffusa di aver sostituito lo scellerato Balotelli con il generoso e sbarbato lucano. Mettiamoci d'accordo: il campionato è un'altra cosa. Povero ma sempre duro. E imbellito dalle goleade qualunquiste.
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