sabato 25 luglio 2015
Mi chiamano zia anche se sono molto lontana dal loro tempo, dai loro genitori, dalla città dove vivono, ma qui dividiamo le stesse montagne, i boschi, le passeggiate, le piogge ed il sole: sono Pietro, Franci, Martino e Sebastiano, tutti assieme vantano 22 anni! Deliziosi d'aspetto, curiosi come le lepri quando si affacciano all'orlo del prato per vedere chi c'è. Oggi vogliono sapere tutto di quello zio Alcide di cui hanno sentito parlare in famiglia. «È questa la sua stanza... e chi è con lui in questo quadr... e perché c'è tanta gente quando parla...e di chi sono questi libri...li ha letti tutti? Perché hai tenuto il suo cappello...questo gioco di bocce era il suo? E perché c'è questo disegno come una strada dove c'è scritto: arrivato a piedi fino al torrente? E perché qui sopra c'è una valle che si chiama “dell'orso”?». Le voci e le domande si sovrappongono e io cerco di farmi capire riassumendo le ragioni di vita di questo grande zio scomparso da tempo tempo. «Giocare a bocce per sconfiggere l'avversario era per lui un esperienza per capire il gioco politico dell'altro, e i discorsi nelle piazze dove c'era tanta gente gli erano utili per dividere con tutti i suoi progetti di riforma. Il cammino fino alla sorgente, fatto da solo quando era già presidente del Consiglio vuol dire quanto sia necessario, anche in un posizione pubblica importante, ricordarsi che è l'impegno personale che ha valore. La valle dell'orso? Qui in Trentino ne vivono molti sulle montagne e camminano veloce. Affrontarli senza paura anche quando si facevano minacciosi in qualche programma politico avversario alla pace, fu il suo modo di vincere quanto ancora c'è di selvaggio e irragionevole nell'animo umano, usando la parola, la persuasione, e programmi positivi per il vostro futuro, bambini miei». Così ho cercato di rispondere alle vostre domande, ma voi già correvate a cercare la torta di mele che vi spettava sul tavolo in mezzo al prato. E sono rimasta a guardarvi mentre due lacrime mi rammentavano le grida di trionfo dei miei figli scomparsi. Ma i vostri capelli chiari, e quel ridere come l'acqua di una fontana quando cade sulla pietra cancellava anni, mesi, giorni e potevo ridere con voi e dire grazie alla vita che insegna a credere all'amore, nella pietà e nella conoscenza, che aiuta a sopportare e comprendere le guerre del mondo, che regala il respiro per andare avanti finché il tuo tempo sarà compiuto. Grazie bambini, vorrei regalarvi quello che ho: la fiducia nell'umanità, la ricerca della bellezza, la scoperta della bontà, un sorriso ed un abbraccio a chi vive nella solitudine e nell'incertezza e il coraggio di cantare ancora alla vita.
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