mercoledì 22 luglio 2020
Giulia Maria Crespi è una figura che andrà analizzata negli anni a venire per i suoi impegni: la terra, intesa nella sua accezione sostenibile e la bellezza, declinata nel Fai che lei fondò nel 1975. Due valori che caratterizzano il nostro Paese, ma che a cicli alterni sembrano interessare sempre di meno. E se l'Europa, ieri, sembrava decisa a dimezzare gli aiuti all'agricoltura, non se la passano bene le dimore storiche, escluse dal decreto Rilancio. Stiamo parlando di 15mila tra ville, castelli, rocche e palazzi che hanno perso, per via del lockdown, 1,8 miliardi di euro. A rischio 30mila posti di lavoro e tutto l'indotto, se si pensa ai lavori di ristrutturazione bloccati. Ma rimane il problema culturale: le dimore sono appannaggio di privati, quindi si arrangino, anche se vanno bene per i video promozionali, senza contare i milioni di visitatori che portano beneficio all'indotto, ogni anno. Ma, al pari di bici e monopattini, non sono strategici per questo governo. Bisognerà dunque capire dove stia la ratio di questa strategia, sempre ammesso che esista. C'è un mondo imprenditoriale che soffre e che trova scarsa consolazione quando un viceministro dichiara, riferendosi alla categoria dei ristoratori, che potrebbe pensare di cambiare mestiere. La reazione alle parole dell'onorevole Laura Castelli sono state immediate, con 50mila ristoratori che hanno sottoscritto la loro protesta. Lei avrebbe detto: «Bisogna aiutare gli imprenditori creativi a muoversi su nuovi business. Se una persona decide di non andare più al ristorante, bisogna aiutare l'imprenditore a fare magari un'altra attività». Ora, le parole vanno interpretate, anche se possono risultare vuote, perché davvero non si riesce a capire quale sia l'intento del governo, nel senso di impegno, per favorire questo passaggio creativo e verso dove. Con tutto il rispetto per il viceministro, nel suo curriculum si legge: "Dopo aver conseguito il diploma di ragioneria e la laurea triennale in economia aziendale presso l'Università degli Studi di Torino, lavora per un breve periodo in un centro di assistenza fiscale". Dopodiché inizia una carriera politica nelle istituzioni. Ora, se chiedessero a lei di cambiare mestiere, ci vorrebbe molta creatività per immaginare un ricollocamento, mentre per i ristoratori resta l'amarezza di sentirsi abbandonati, ancor più con la proroga dello smart working. Il tema è complesso e certamente porterà a cambiamenti, ma anche a disoccupazione e a fallimenti. Di questa emergenza dovrebbe occuparsi il governo, anziché stare a vedere l'effetto che fa, paventando quella generica creatività che a molti è suonata, nella mortificazione generale, come una vigliaccheria.
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