martedì 10 febbraio 2015
Le stagioni sembrano abbandonare l'uomo. Si susseguono confuse e caotiche, debordano le une nelle altre, accorpate in una medietà che le equalizza o frammentate in continui squilibri di soli estremi, ma non sono scomparse: scompare la capacità, la possibilità di coglierle.È un problema di luce: è la diversa quantità e qualità che dal cielo irradia sulla terra a determinarne la scansione. Immersi nella luce artificiale, costretti alla legalità di un orario commerciale, solo nell'equinozio e nel solstizio è evidente un apice quindi un mutamento costante, uno scomporsi e ricomporsi del ciclo: luce/tenebre.È un problema di merci: tutto è sempre disponibile, si chiama globalità, ha molti pregi materiali qualche non contemplata conseguenza immateriale.È un problema di regno animale, un tempo l'uomo ne era parte integrante: preda e predatore ma consapevole del rapporto gerarchico che lo determina. Quel tempo è finito e l'uomo si trova ad esserne custode e responsabile: ardua impresa. Più facile umanizzare gli animali e, di necessità, abbandonarli al loro destino che è l'estinzione. Più conveniente mostrificarli negandone l'animo, l'essere creature in rapporto subordinato. Per gli animali, se non per sé, l'uomo dovrà salvaguardare il ciclo naturale che è il ciclo delle stagioni.
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