martedì 22 novembre 2016
Ieri ricevo un invito da un'agenzia tedesca. Vogliono il mio parere su “The Young Pope” e rispondo che non l'ho visto, che non sono un critico cinematografico, anche se ho frequentato la celebre scuola dei gesuiti Baragli, Arpa e Taddei... Insistono sul tema della religione come tale nel film, e allora confermo quanto già scritto: «La grande Schifezza». Gran successo di critica e di pubblico? E allora? Capita che l'attenzione di tanti sia per il peggio, e mi viene in mente che in tema (“Repubblica”, 18/11, p. 39) ho letto un inno a firma Massimo Recalcati che inizia così: «Chi è Dio? Dov'è Dio? Cos'è Dio? Sono le tre domande incalzanti che risuonano persistenti in TYP, l'ultimo grande film di Paolo Sorrentino». Un inno, appunto! Ma ecco il seguito: «Nel suo sembiante Pio XIII si presenta come un papa che non conosce le subdole minacce del dubbio». Al tempo! Se è vero che quelle tre domande risuonano persistenti nel film, come si fa a scrivere subito dopo che il protagonista «non conosce le subdole minacce del dubbio»? Un vero “mistero” di libertà d'autore, che lascia al lettore l'opportunità di sorridere quando il sentimento dello scritto prorompe parlando di un «padre della Chiesa figlio smarrito», diventato prete «per continuare ad essere figlio...». Psicanalisi a getto continuo, apologia del prodotto di mercato, mozione degli affetti a effetto per un incoraggiamento all'impresa, in realtà grossa e redditizia... È libertà! Certo che nei duemila anni di Chiesa ci saranno anche stati preti e Papi turbati da vicende infantili... Che dire, per andare oltre e non dover insistere? Che abbiamo un “vecchio Papa” di 80 anni – per non pensare all'emerito di 90 – che non ha bisogno di film per confermare nella fede i suoi fratelli. Il cinema è un'altra cosa! E proprio oggi “Misericordia et misera” ci riporta alla realtà: per fortuna!
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