domenica 25 aprile 2010
Genera stupore il modo piuttosto confusionario in cui Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte Costituzionale, legge, in un suo libro, la storia dei rapporti tra Stato e Chiesa e l'opera di quest'ultima. Secondo lui (o almeno secondo la recensione dell'Unità, martedì 20) «la Chiesa cattolica, nella sua tendenza "colonizzatrice", sta cercando di appropriarsi anche della categoria di laicità [...] tacitando il dato storico che la vede invece come una conquista affermata "contro" la Chiesa». Il Presidente emerito innanzitutto trascura l'invenzione della laicità da parte di Gesù ("Date a Cesare..."), poi quella del suo nome da parte di papa Clemente (I sec.) e, infine, la tardiva trasformazione della laicità in laicismo operata dall'Illuminismo. Spiega anche che la Chiesa ha «a cuore soprattutto la salvezza della società, non quella delle anime» e, invece di esprimerle gratitudine, l'accusa perché «non si è posta come istanza di valori religiosi, ma come garante del rispetto della persona umana in quanto tale». La Chiesa fa, insomma, anche quello che il laicismo trascura guardando all'uomo come a un oggetto disponibile (aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, uso degli embrioni...) e inventando il relativismo etico, che demolisce il concetto di persona, fondamentale dato culturale del cristianesimo. Il quale non è una forma di spiritualismo, ma l'annuncio della salvezza integrale dell'uomo. Zagrebelsky dovrebbe rileggere i Vangeli e, magari, anche la "Lettera a Diogneto" e non ridurre l'Illuminismo a semplice illusionismo.

TRUCCO VECCHIO E SPREGEVOLE
Lo spregevole trucco è vecchio: uno si finge penitente (in questo caso «lesbica, ma credente») e gira con il registratore in una decina di confessionali per "incastrare" i confessori, anzi la Chiesa. L'ha fatto per l'Unità (mercoledì 21) una reporter, che ha raccolto risposte incongrue o in contraddizione tra loro e soprattutto con il sacramento, compresa quella di un prete che si dichiara gay. Posto che il reportage sia veritiero (al lettore è lecito un dubbio?), un primo interrogativo riguarda la deontologia: è lecito ingannare l'interlocutore in materia così delicata e grave? Che ne pensa l'Ordine dei giornalisti? Il secondo è sul valore di un'"inchiesta" mossa da un pregiudizio (sfiducia su Chiesa, disprezzo per confessione e confessori) e fatta imbrogliando gli interpellati sulla personalità e sullo scopo dell'interpellante. Il terzo interrogativo, infine, riguarda le risposte riferite nell'articolo: se e in che misura siano filtrate o almeno viziate dal medesimo pregiudizio e dalla condizione ingannevole della protagonista, che " ha scritto " compie «un viaggio penitente» non per pentirsi, ma «alla ricerca di uno spiraglio, una piccola crepa di speranza in cui introdursi per sparigliare le carte». Gente così (finta o vera lesbica che sia) come può capire, soltanto con la curiosità e con un registratore, che cos'è un sacramento che esige innanzi tutto la fede e la sincerità dell'animo e che, invece, viene ridotto a oggetto d'indagine da pessimo giornalismo? Dovrebbe confessarsi.
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